RSI sotto assedio: lo scontro che divide la Svizzera italiana in vista dell’8 marzo

Con l’avvicinarsi del voto dell’8 marzo sull’iniziativa che mira a ridurre a 200 franchi il canone radiotelevisivo, la RSI è finita al centro di un dibattito che, più che informare, sta spesso incendiando gli animi. Non è la prima volta che in Ticino si discute in modo acceso. La novità potrebbe essere un’altra: sfruttare l’occasione per cambiare tono.

Un dibattito che alza la voce

Il tema RSI è entrato nelle conversazioni quotidiane con la delicatezza di… un treno merci. Da una parte chi vede nella riforma un atto di giustizia verso i contribuenti, dall’altra chi teme un indebolimento del servizio pubblico in lingua italiana.

Fin qui tutto prevedibile. Meno prevedibili sono i toni (da entrambi gli schieramenti): stoccate, allusioni, battute al vetriolo. A volte sembra che il contenuto dell’iniziativa sia diventato un dettaglio di contorno rispetto al desiderio di “vincere” la discussione.

Perché tanto nervosismo?

La RSI tocca corde profonde: informazione, identità linguistica, lavoro, rapporto con lo Stato. Quando un tema mette insieme economia, cultura e appartenenza, la discussione è quasi destinata a surriscaldarsi.

Ma il clima attuale rischia di offuscare ciò che davvero dovrebbe interessare: cosa cambierebbe per i cittadini? Quali servizi verrebbero garantiti o ridimensionati? Come si sostiene il pluralismo in una regione minoritaria?

Un Ticino che litiga… ma che può imparare

Diciamolo senza troppi giri di parole: il Ticino non è sempre un campione di dialogo pacato. Spesso il confronto pubblico si incattivisce più del necessario, e la cultura dell’ascolto resta un po’ in secondo piano.

E proprio per questo, questo dibattito potrebbe essere un’occasione. Un test. Un piccolo laboratorio civico.

Se si riuscisse – anche solo questa volta – ad abbassare i toni, sarebbe già un passo avanti. Non verso un Ticino “modellino”, ma verso un Ticino che vuole migliorare davvero.

Meno scintille, più informazioni

Gli elettori non hanno bisogno di slogan o provocazioni, ma di spiegazioni chiare:

  • cosa significa concretamente ridurre il canone?
  • quali servizi potrebbero essere toccati?
  • come cambierebbe la presenza mediatica italiana in Svizzera?

È un tema importante e merita la calma di una discussione che aiuti a capire, non a schierarsi per riflesso.

Verso l’8 marzo con un po’ di autocritica

Il voto arriverà comunque. La domanda è come.

Con un Ticino che si accapiglia – o con un Ticino che, per una volta, decide di fare un passo verso un dibattito più civile, più maturo, più utile a tutti?

Forse non basterà per cambiare tutto. Ma potrebbe essere l’inizio. E ogni tanto, anche in politica, cominciare è già qualcosa.

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