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Perché il Ticino è “terra di ciclismo”?

Ticino, terra di ciclismo. Tra gli anni ’70 e ’80 in Ticino si afferma uno slogan legato a un fortunato manifesto. È quello di “Ticino, terra di artisti” che segna una svolta nell’offerta turistica, non più limitata al patrimonio paesaggistico, climatico e folcloristico, ma anche alla forza artistica e culturale così importante e presente da secoli in queste terre, soprattutto tra il 1500 e il 1800.

Uno slogan ripreso qualche anno dopo con il grande sviluppo del ciclismo amatoriale e i due Campionati del mondo organizzati a Lugano nel 1996 e a Mendrisio nel 2009. Slogan che è divenuto “Ticino, terra di ciclismo”. Una denominazione quanto mai azzeccata e che viene confermata dall’enorme diffusione della bicicletta su tutto il territorio, che si presta in maniera magnifica ad essere percorso e conosciuto dal sellino, appunto, di una bicicletta.

Così come ho potuto confermare anche con la pubblicazione del mio ultimo libro intitolato “In bicicletta su e giù per il Ticino” (Fontana Edizioni), libro che sta riscuotendo un successo davvero importante, successo che in parte però, devo ammetterlo, non mi sorprende e non mi giunge inaspettato. Questo proprio perché il Ticino, oggi, è quanto mai e indubbiamente “terra di ciclismo”!

Il Ticino: un paesaggio da scoprire

Il Ticino colpisce soprattutto per la sua varietà. A cominciare dalla natura che si manifesta con accenti molto diversi a seconda dei luoghi e delle regioni cambiando anche nel corso delle stagioni. E poi quel territorio ricco di tesori e di sorprese che si offrono al visitatore attento e curioso. Quanti percorsi e fatiche riconoscibili! Quali mescolanze di segni, morfologie, luoghi! Antiche abitazioni e moderni palazzi, stradine di campagna e autostrade, grandi opere di ingegneria, dighe e viadotti, porzioni di campagna una volta coltivate, terrazzamenti e muri a secco, antiche chiese e belle cappelle, vecchie rovine di torri e castelli… Un territorio variegato, un incontro di emozioni e di cose, un piacevole turbamento della scoperta. E poi quell’aria che odora di sud e quella luce particolare… Nel Ticino, lo splendore pieno della luce e i colori propri del mediterraneo non bagnano ancora, è vero, il paesaggio, ma l’atmosfera già lentamente si impregna di questi presagi. A sud dell’arco alpino, l’azzurro del cielo è più intenso che sul versante settentrionale. Il sole brilla più chiaro.

Tre sono i doni che la natura ha elargito in maniera generosa al Ticino: il sole, l’acqua e la pietra. Poche regioni della Svizzera vantano tante ore di sole come il Ticino che gode di un clima molto mite. Per le sue caratteristiche morfologiche, per la sua posizione ma anche per la sua storia, il territorio offre quindi continue sorprese a chi lo attraversa e la bicicletta rappresenta indubbiamente un mezzo ideale per apprezzarne le qualità.

L’anima di un paese piccolo ma variato

Apriamo una cartina del Ticino, magari una di quelle vecchie mappe in cui le divisioni e i tratti sono molto marcati ed evidenziati. Dove si trova, ad esempio, la Valle di Muggio? Eccola tutto in fondo, sulla destra. E la Valle Verzasca? La vediamo quasi nel cuore del Cantone, disegna una curva leggermente piegata sulla sinistra con il fiume che sfocia, in alto, nel Verbano. Fino alla metà dell’800 ogni distretto o vallata del Ticino era un mondo a sé. Addirittura ciascun villaggio era considerato una piccola “patria”. Ogni luogo aveva insomma una sua anima e delle caratteristiche specifiche, legate anche al territorio e alle risorse disponibili. In comune, tra di loro, oltre alla lingua e alla religione, solo una diffusa povertà e la necessità, quindi, di emigrare. Vi è dunque da supporre che tra gli abitanti della Valle di Muggio e quelli della Verzasca, per riprendere i luoghi citati poc’anzi, due secoli fa ma anche per parecchio tempo ancora, le possibilità di scambio e contatto fossero pochissime per non dire nulle. Un cronista dell’epoca, il padre benedettino Paolo Ghiringhelli, in un suo scritto sul Ticino di allora ha parlato addirittura di “specie diverse di popolazione […], l’un l’altre straniere come Romani, Milanesi e Piemontesi”. Una situazione che ben ci spiega come non sia stato facile trovare un’unità e a considerare all’inizio il Ticino una “patria comune”. Queste specificità tra regione e regione si sono certo smussate con il tempo, ma non sono sparite del tutto: ancora oggi, infatti, sono sempre rintracciabili i retaggi del passato, riconoscibili nei caratteri di ciascun luogo.

Un fazzoletto di terra che si apre verso sud

Torniamo alla nostra cartina. Guardiamo ora verso l’alto. Sono tre le porte principali per le quali si entra, per chi viene da Nord: il passo del San Gottardo (o la sua galleria), il passo del Lucomagno e quello del San Bernardino (pure in galleria), la cui strada scende lungo la Mesolcina e arriva alle porte di Bellinzona, dove giunge anche quella che scende dagli altri due passi. Un’altra porta è quella del passo della Novena che dall’alto Vallese porta in Valle Bedretto. La regione che si estende su 2811 chilometri quadrati si trova completamente a meridione delle alpi. Tutte le vie d’accesso dal nord superano la barriera naturale dell’arco alpino che in questo tratto annovera numerose vette oltre i tremila metri. Nessun altro cantone della Svizzera è così nettamente separato dal territorio nazionale al quale sembra voltare la schiena, anche se i trafori ferroviari e le gallerie autostradali costruite nel recente passato, tra cui naturalmente l’opera maggiore di AlpTtransit, danno oggi una sensazione, anche piuttosto netta, di minore isolamento dal resto del paese. La regione è invece aperta verso sud; da quella parte le porte d’entrata sono infatti numerosissime e comode. Man mano che da nord si scende verso sud le montagne cambiano caratteristiche e aspetto, passando da quelle maestose e imponenti dell’arco alpino, in qualche caso incappucciate da macchie bianche di neve eterna, a quelle più dolci della regione meridionale.

Dalle alte cime alle rive soleggiate

È un dato che può sorprendere, a cui spesso viene data poca attenzione, ma che corrisponde alla verità: su un tratto di appena 91 chilometri tra il passo della Novena e la piana di Magadino il corso del Ticino supera un dislivello di ben 2276 metri! Le Alpi calano quindi verso la pianura lombarda con una ripidezza senza pari. Al limite di quella pianura, i due laghi ticinesi, il Lago Maggiore e il Lago di Lugano. La ripidezza del pendio accresce ovviamente la velocità dei corsi d’acqua. La pendenza delle montagne non ne consentono il lento fluire. Così il fondovalle si approfondisce sempre più mentre i fianchi quasi a picco balzano sempre più alti. Poco rimane per le superfici pianeggianti. Se il volto del Ticino è segnato da tale asperità, questa non è tuttavia omogenea e si esprime attraverso mille sfumature. Il paesaggio muta quasi di continuo da valle a valle, quanto più meridionale si fa la latitudine.

Le grandi trasformazioni del recente passato

Oltre al paesaggio, così differente tra regione e regione, il Ticino è un territorio in cui l’opera e la presenza dell’uomo hanno inciso pesantemente, soprattutto negli ultimi decenni, contribuendo al quadro generale ancora più complessità. Se osserviamo le vecchie stampe o alcune immagini di 50-70 anni fa che ritraggono taluni angoli del Ticino, in parecchi casi facciamo fatica a riconoscere dove si trovano. Certi luoghi, sulla spinta della modernizzazione, hanno subito profondi cambiamenti, non sempre, occorre ammetterlo, positivi. Soprattutto nelle zone sui fondovalle attorno ai grossi agglomerati i cambiamenti sono stati radicali e in diversi casi prevale un senso di confusione e di approssimazione. Ma anche in certe valli, come ad esempio nella Leventina, le trasformazioni sono state profonde in particolare per ciò che riguarda gli impianti idrici, quelli militari e naturalmente le vie di comunicazione. Se si leggono i resoconti dei viaggiatori che hanno attraversato le nostre terre in passato, non sono rari i casi in cui vi erano delle vere e proprie manifestazioni di meraviglia all’apparizione di certi luoghi: “Che bello! Che splendore!”, si sente ripetere da molti viandanti quando, dall’alto, vedevano ad esempio per la prima volta l’antica borgata di Lugano. E così per molti altri posti. Oggi tutto è diverso:  ci si sposta in treno o in auto, si attraversano quartieri periferici e zone industriali, nessuna meraviglia ci sorprende più, il vecchio e il nuovo ormai confusi, i centri storici soffocati dall’assiduo proliferare delle costruzioni che dilagano ovunque e fittamente vestono quelle che un tempo erano delle verdi e lussureggianti campagne. Il Ticino offre un paesaggio in cui si possono riconoscere molte trasformazioni. Strade, ferrovie, nuove costruzioni hanno trasformato il territorio. Osservando certe zone si possono individuare molti interventi che si sovrappongono: il nucleo vecchio stretto attorno campanile, forse ancora qualche casa in sasso, la zona industriale, quella residenziale, il quartiere popolare… In qualche caso l’integrazione tra vecchio e nuovo ha prodotto risultati assai deludenti, in altri l’antico e il moderno appaiono invece felicemente e singolarmente commisti, così che l’occhio del turista o del viandante ne risulta felicemente appagato, quando non addirittura incuriosito.

Tante ricchezze e meraviglie da scoprire

Resta vero, come sostengono in tanti, che per apprezzare certi luoghi oggi occorre forse vederli un po’ da… lontano. Meglio: da un posizione sopraelevata. Se si sale su qualche montagna e si osserva lo scenario che offrono certe nostre regioni, c’è infatti ancora modo di ritrovare la meraviglia dei viaggiatori del passato. Moltissimi luoghi del Ticino offrono questa possibilità. Si trovano in alto, sulle montagne appunto, in quegli innumerevoli punti panoramici a disposizione di ognuno, quasi sempre raggiungibili attraverso una strada. Guardano verso i fondovalle, verso la pianura e i laghi, verso le città. Arrivarci in bicicletta non fa che amplificarne l’effetto. Si lascia il frastuono del traffico cittadino e della periferia per innalzarsi piano piano, e piano piano lo scenario naturale riprende il sopravvento.

Da lassù si può osservare il territorio, vederne le caratteristiche, coglierne le trasformazioni. Immaginarne magari un cambiamento, un futuro migliore. Il paesaggio è un libro da leggere e la bicicletta in qualche modo ne favorisce e ne esalta l’approccio e la comprensione. Il Ticino, poi, come visto, offre una varietà che non ha uguali. Per il ciclista curioso tutto ciò è il massimo, perché al piacere dello sforzo e della conquista si unisce quello dell’interesse per una piccola ricerca antropologica e storico-geografica.

Con il giusto approccio e… ben documentati

Certo, perché tutto ciò avvenga bisogna avere il giusto approccio, essere disposti a leggere il paesaggio con occhi nuovi, più aperti e disponibili. Guardare oltre il superficiale, cosa non sempre evidente oggi perché le abitudini sono altre. A scuola dovrebbe esserci una materia (ma forse c’è già e dovrebbe solo essere potenziata) che insegna a leggere il paesaggio, le sue differenze. Prima dai libri e poi sul terreno, dal vivo. In entrambi i casi i “supporti” non mancano. Pensiamo anche ai libri, alla documentazione. Ogni parte del Ticino, sia il cantone nel suo insieme, la sua storia, come quella di ciascun comune o regione, ma anche singoli elementi come le fontane, i ponti, i campanili e quant’altro sono stati scandagliati, recensiti, catalogati. E questi libri, sempre molto belli, si trovano negli archivi e nelle biblioteche, sono a disposizione del lettore curioso che desidera conoscere e andare oltre il già noto e l’apparenza. Quindi prima di tutto leggiamo e documentiamoci. Ma poi non dimentichiamo che per imparare veramente bisogna uscire, immergersi in questo paesaggio, diventare un tutt’uno con esso, sentirne l’odore, vederne i colori, respirane l’anima. In una parola: mettersi in cammino o inforcare una bicicletta…

Una tranquilla “immersione” nell’ambiente

C’è un’immagine che ci piace ed è questa: pedalare è un po’ come nuotare. Il ciclista penetra nella natura come il nuotatore nell’acqua. Con la bicicletta si viaggia in presa diretta con l’ambiente, “nudi” in mezzo all’aria, alla luce, al canto degli uccelli, allo scroscio dei torrenti. Ci si bagna di ciò che ci sta attorno. Soprattutto, se si ha la fortuna di pedalare (cosa non sempre evidente!) in luoghi silenziosi dove si sente solo il leggero fruscio delle ruote sull’asfalto, a volte sembra che si verifica una sorta di unione mistica con lo spirito della natura e del luogo che si attraversa. Pedaliamo però non con l’idea di fare una performance o nell’ansia del risultato. Ma per essere parte dell’ambiente, in definitiva mostrandogli il giusto rispetto. Quindi con un passo di media intensità, senza cioè l’affanno tipico di chi vuole competere, non importa se con gli altri o con se stesso (ma per raggiungere questo livello sarà comunque necessaria una certa preparazione fisica), così da esplicitare un vero e proprio piacere sinestetico, capace di coinvolgere appunto tutti i sensi, dalla vista all’olfatto, dal gusto al tatto e all’udito.

Fare una salita percorrendo i vari tornanti è un po’ simile al percorso che fa la nostra coscienza nel prendere consapevolezza. Osserva qualcosa, riflette su di essa e la percepisce in maniera sempre più chiara e consapevole, man mano che si superano i risvolti della salita che ci ricordano quelli della vita. La salita diventa quindi un viaggio dentro il paesaggio e noi stessi. Un viaggio che può trasformarci, anche impercettibilmente. E dopo la salita, si sa, c’è sempre una discesa, un tornare a casa…

La bicicletta, mezzo ideale per conoscere una regione

Usciamo dunque dalla città e diamo la possibilità al nostro sguardo di muoversi liberamente, di farlo respirare in un’aria non più malata. Il Ticino, questa opportunità, ce la offre in ogni momento come su un piatto d’argento, è un libro sempre aperto da leggere, un paesaggio disponibile da scoprire. È uno sterminato deposito di bellezze naturali e di memoria storica. Anche per chi ci è nato e ci vive da anni, cela molte e insospettate sorprese. Bisogna solo osservarlo con occhi diversi. Questo sì. Perché il paesaggio che offre il Ticino è davvero un’avventura dove il piacere di viaggiare e di guardare non si esaurisce mai ma si rinnova sempre.

Per chi viene in Ticino il consiglio è quello di scoprirlo piano piano, regione per regione. Fermarsi, pernottare e poi affrontare le salite descritte in questo libro. Magari solo alcune, per tornare in un altro momento e salire sulle altre. Osservarne le caratteristiche di ognuna e poi farsene un quadro complessivo è il modo migliore per ricavarne un ricordo profondo e durevole. Bello sarebbe venire in gruppo o con la famiglia e pernottare per una settimana, magari cambiando albergo a seconda delle regioni. Il Ticino offre una varietà di alberghi di cui c’è solo l’imbarazzo della scelta, da quelli di gran lusso in riva ai laghi a quelli più caratteristici delle valli.

Occhi nuovi per nuove emozioni

Per chi, come noi, invece qui ci vive il consiglio è quello, come detto, di conoscerlo con occhi nuovi. Riscoprirne le bellezze. I monti, i laghi, le valli selvagge, i fiumi color smeraldo, le chiese, le opere d’arte, i roccoli, i grotti freschi e ombrosi. Questi nostri paesaggi sono belli e l’anima ha sempre bisogno di bellezza. Ma noi a volte la cerchiamo chissà dove e in questo “chissà dove” magari non la troviamo neppure. Dimenticandoci che potremmo trovarla anche qui, a due passi (meglio: due colpi di pedale…) da casa. Proviamo allora a cambiare il modo di procedere, che è poi un modo di pensare. Non quello dettato dall’utilità, dalla convenienza o da qualche moda passeggera. Ma dall’amore. È col cuore e con un sentimento aperto che dobbiamo ripercorrere questi ambienti che ci accolgono. Solo così assumeranno per noi un nuovo valore, solo così ci aiuteranno forse anche a capire un po’ meglio chi siamo.

Foto: copyright © Nicola Pfund

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