“Avete già visto uno stagno: sopra, un’irrequietezza di insetti, moscerini, libellule che vibrano, si agitano, sfrecciano qua e là; sotto, lo stagno, immoto, appena sfiorato. Questa è l’immagine che certe volte mi faccio del Ticino” (S. Toppi in “Per conoscere la Svizzera italiana”, 1983, p. 155).
È forse questa l’immagine più azzeccata per capire il Ticino, anche quello odierno. Un fazzoletto di terra dove le iniziative culturali sono davvero tante per non dire tantissime: dalle mostre d’arte alle conferenze, dalle presentazioni di libri ai concerti e agli eventi culturali di ogni tipo.
Senza considerare i mezzi di comunicazione (TV, radio, giornali, ecc.), le scuole e gli Istituti che “producono” cultura presenti sul territorio: una infinità tale da non avere uguali probabilmente a livello europeo! Cagionando, ovviamente, dei costi non indifferenti.
Sembrerebbe un luogo di grande fermento culturale, il piccolo Ticino. O, altrimenti detto, di profonda riflessione. Ma è proprio così? Pensiamo all’ambito della scrittura: ogni anno in Ticino vengono pubblicati tanti libri, spesso finanziati dagli stessi “autori” (quando non sono addirittura enti pubblici e privati, il che è anche peggio). Libri che poi hanno un destino triste semplicemente perché rimangono invenduti nella misura del 95%.
“Gran parte degli autori della Svizzera italiana non interessano perché non incidono nel reale, sono voci fioche, ed è possibile che il vuoto sia in loro più che nell’oblio altrui.”
A volte la sensazione è che queste proposte culturali servono più a chi le propone che non a un eventuale fruitore; forse per avere un piccolo spazio di visibilità, forse per soddisfare quell’ego così sproporzionato e diffuso, soprattutto in certe cerchie di persone.
È una constatazione amara ma molto vicina alla realtà e riguarda anche altri ambiti. L’impressione è che le iniziative non mancano ma non hanno “presa” sulla gente. Forse perché sono troppo opache, non incidono sulla realtà e quindi – in definitiva – non interessano.
La ragione? Probabilmente perché la cultura è spesso gestita da persone che sono ancora troppo lontane dal mondo reale in cui vivono, muovendosi con marcata alterigia in un universo tutto loro e parlando principalmente a sé stessi senza lasciare alcun segno.
Esattamente come se fossero degli insetti, dei moscerini e delle libellule che vibrano e si agitano sullo stagno immoto e appena sfiorato.