Tour de France 2025: il mito corre, il cuore no

Parte il Tour de France, ma per me seguirlo sarà difficile. Il ciclismo di oggi ha perso gran parte della sua poesia: troppo controllato, troppo calcolato. Manca l’imprevisto, manca il sogno.

Il ciclismo professionistico moderno, pur rimanendo uno degli sport più affascinanti e drammatici per la sua durezza e il rapporto epico tra l’uomo e la natura, sembra aver smarrito gran parte della sua anima poetica. Ciò che un tempo era un racconto di eroi solitari sulle strade polverose, oggi è spesso un prodotto levigato, tecnologico, profondamente calcolato. Non mancano le emozioni, certo, ma il linguaggio con cui vengono espresse ha perso la sua liricità.

Il ciclismo degli anni d’oro — Coppi, Bartali, Anquetil, Merckx — era fatto di uomini contro il destino. Le tappe non erano solo segmenti cronometrati, erano viaggi. Si raccontavano come novelle cavalleresche: salite infinite, incidenti, fame, gelo, solitudine. Il tifoso si commuoveva perché vedeva nel ciclista una forma di resistenza alla fatica della vita.

Oggi, gran parte di quella poesia è soffocata da watt, algoritmi e aerodinamica.

10 risposte

  1. Sono pienamente d’accordo! quella parte di poesia, fatta di azzardo e di impulso emozionale, ha lasciato spazio alla programmazione sia tattica sia fisica … dall’Ammiraglia ti dicono di non andare in fuga ora perché stai impiegando due watt di troppo ed alla lunga ti mancherà l’energia che stai consumando ora … e non è che la recuperi se ti mangi una banana di più!…
    Mi viene in mente Michele Dancelli in una Milano-Sanremo … occorreva anticipare Eddy Merckx, sorprenderlo, tentare l’impossibile e sperare di tenere fino al Poggio, fino al vialone finale … quell’anno Dancelli -che aveva un grande carattere- ci provò, fece tutto il litorale ligure in fuga solitaria, già da Voltri mi pare, evitò la crisi di fame, non ebbe crampi o forse riuscì a superarli con la testardaggine, magari alcuni non credettero ce la potesse fare … ce la fece !!! chi non risica non rosica.
    Un po’ come Vittorio Adorni al Mondiale di Imola nel 1968, ero un ragazzino di prime emozioni.
    Nel ciclismo moderno “si risica” sempre meno.

    Poscritto: mio padre mi raccontava che suo padre gli raccontava di Costante Girardengo (il Grande Campione della canzone di De Gregori) che andava in fuga e poi gettava le puntine a quattro punte per far bucare gli inseguitori. Sarà vero? si diceva fosse un filibustiere, non c’erano radio e TV, immagino fosse vero!
    Ah, tra i Campioni più immensi andrebbe messo anche Alfredo Binda … ricordo di aver letto che in un Giro di Lombardia aveva degli amici che gli passavano delle uova fresche, la leggenda dice che se ne bevve quattordici prima di giungere vincitore al traguardo. Nella Val Cuvia, vicino a Laveno, sopra Cittiglio, a Vararo 800 m.s.l.m. lungo la durissima strada per il Monte Cuvignone (una salita “da Tour de France” più ancora che da Giro) si può visitare il Museo coi ricordi e le biciclette di Binda, credo che occorra prenotare la visita, non sempre è aperto. Meglio farla di mattina la salita!

  2. Nicola, mi ha risvegliato tanti ricordi piacevoli, che emozioni giovanili!! con mio fratello Carlo eravamo andati in Liguria in bici da corsa, sbagliando strada dopo Tortona ci eravamo indirizzati verso i Giovi mentre la direzione corretta sarebbe stata verso il Passo del Turchino … totale oltre 240 Km contro i 219 previsti … poi il mio fratellino mi aveva toccato la ruota dalle parti del Fiume Po dopo Vigevano ed era scivolato dentro un canale d’irrigazione dei campi (ma che fortuna! dopo pochi metri c’era una chiusa di cemento, che pericolo scampato!!). Nel nostro piccolo un’mpresa da Ciclismo d’altri tempi, da Bottecchia a Jean “testa di vetro” Robic.
    Il nostro eroe assoluto fu Eddy Merckx che avevamo visto da bimbi vincere la sua prima Milano – Sanremo (prima di sette!!!).
    Ricordo tante gare straordinarie di Merckx, una fu la scalata del Mont Ventoux in una giornata di caldo asfissiante … la tappa fu ritardata di alcune ore per il caldo … giunse vittorioso in cima che erano già le otto di sera passate, lasciando il portoghese Agostinho a tre minuti, e dopo la linea d’arrivo si accasciò a terra stravolto dalla salita: anche lui era umano!
    Fu anche generoso con avversari di valore … ringraziando per l’aiuto nella fuga a due non ostacolò la vittoria di Gosta Petterson negli Appennini calabresi al Giro; e quella di Felice Gimondi a Pau nei Pirenei, dopo una lunga divisione della fatica. Resta l’amaro per un Tour de France perso per essere stato colpito in salita con un violento pugno allo stomaco da un impazzito “tifoso” francese di Tevenet. Una cosa pazzesca: ciclismo comunque epico.

    1. Il Mont Ventoux ci sarà anche quest’anno, nella tappa del 22 luglio: speriamo di vedere qualche impresa “epica”, ma sarà comunque difficile emulare i tempi di Merckx. 🙂

      1. Ho messo la TV in spazzacà non apprezzando i modi delle emittenti in Italia. Così sto vedendo ben poco Sport, mi ero perso anche i Giochi Olimpici e la mia amata Atletica Leggera. Ieri tuttavia ho visto in Rete gli ultimi 30 Km di una bella tappa che, a mio avviso, è stata troppo snobbata dai “big” … un po’ di coraggio ci sarebbe voluto, magari da Evenepol che avrebbe bisogno di una impresa per rientrare in gioco. Ma capisco che sia difficile valutare cos’abbiano dentro davvero i ciclisti, non sono robot. La mia impressione è che Lei Nicola abbia ragione: si corre in maniera troppo “sparagnina” dosando gli sforzi coi controlli elettronici del corpo, così che i corridori sono troppo uguali ed evitano la fantasia, evitano l’improvvisazione, evitano di “andare oltre la soglia” … lo spettacolo per me è abbastanza scarso se lo paragono a quello dell’era precedente, priva di esasperazioni “tecnologiche”.
        Un po’ peccato! be’ spero di connettermi con le salite mitiche di Alpi e Pirenei, affrontate magari a viso aperto.

  3. Mi sta interessando il Tour e spero di non esagerare nello scriverne. Ho seguito un po’ il riassunto della Tappa di ieri. Bella la fuga da lontano e il contrattacco di altri “cacciatori di tappa” … posso solo immaginare le energie spese dagli atleti! Però, però … rispetto ai Giri ed ai Tour di tanti anni fa, mi pare che sempre più spesso si vedano due corse diverse sullo stesso percorso. Un po’ è bene per i Corridori volonterosi che si mettono in mostra e si spendono in attacchi da lontano, e chissà mai che qualcuno si ritrovi in Classifica come il Maglia Gialla attuale (bravò) o come Chiappucci nei “Novanta, che andò vicino a vincere il Tour destinato a Miguel Indurain !!!
    Poi c’è la gara dei “big” che sta diventando sempre meno interessante per gli esasperanti tatticismi e per stare a guardarsi in faccia per scorgere (magari!) un segno di debolezza altrui. ‘Sto modo di correre non mi piace per nulla. Mi ricordo di Merckx che metteva la sua Squadra a tirare (Bruyere, Huysmans, Van Schil, Pijnen, Janssens, …) per togliere energie agli avversari. Fu anche grazie ai suoi coéquipier che Eddy vinse così tante gare … Van Schil era un passista formidabile, giunto anche nei primi quattro o cinque in molte classiche del Nord … Joseph Bruyere avrebbe forse potuto essere un cacciatore di classiche se fosse stato in una sua squadra con suoi gregari: gran cronoman e fortissimo sui colli delle Ardenne e delle Fiandre, vinse due Liegi-Bastogne-Liegi partendo anche da lontano, ottanta chilometri, e tre Het Volk !!!
    Trovo che oggi ci sia troppo auto-controllo e non si osi. Magari oggi ad Hautacam nei Pirenei sarò piacevolmente smentito. Spero!

    1. Belle riflessioni! Anch’io ieri ho seguito e devo dire che è stata una tappa interessante con diversi colpi di scena! Seguirò sicuramente l’arrivo sul Mont Ventoux, mercoledì prossimo, una salita “tosta” che ho affrontato anch’io qualche anno fa quando ho percorso, dall’inizio alla fine, la ciclabile del fiume Rodano. A presto 😀

  4. Urca! il Mont Ventoux!! complimenti!!! La strada ciclabile del Fiume Rodano l’avevo conosciuta dai racconti dell’ottimo Signor Roberto Antonini che l’aveva percorsa osservando per la Radio le peculiarità culturali e architettoniche e del lavoro che incontrava nel percorso dalla Svizzera fino al mare Mediterraneo. Era per il sabato mattina estivo della Rete Due RSI che in alcuni bellissimi anni raccontò i Grandi Fiumi dal Po al Mississippi al Danubio al Nilo al Reno al Gange, poi Arno e Tevere e Drina e Giordano … senza dimenticare il Fiume Ticino che entra nel Po a San Zenone Po, Pavia. Bello, bello, bello.

    https://www.rsi.ch/rete-due/programmi/cultura/passione-rodano/

    I miei percorsi in bicicletta si sono concentrati nelle Prealpi del Varesotto e del Comasco e della Svizzera italiana. Mi è sempre piaciuto percorrere le salite pur non essendo un grimpeur, le ho sempre percorse piuttosto di forza che non di agilità. La mia salita dura, molto dura, è da Cernobbio (205 m.s.l.m) al Monte Bisbino sui 1300 metri, con pendenza costante dal 7% al 8%, lunghi tratti davvero duri salvo una breve parte intermedia al 5% che lascia un po’ tirare il fiato. Molto lunga, 17 chilometri! Poi l’asfaltatura era molto irregolare e rugosa, i tornanti in sasso battuto … non so oggi, è un po’ che non la vedo dopo averla fatta alcune volte in passato, anche con mio fratello Carlo che era un “bruyere” da 191 centimetri.
    Molto faticosa la discesa, il manubrio della bici ti vibra in mano come (immagino) sul pavé della Roubaix.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

ti può interessare anche

ALPINISMO – L’ASCESA AL LAGGINHORN (4010 M) LUNGO LA VIA NORMALE

In Svizzera ci sono 48 montagne che superano i 4000 metri di altezza. La maggior parte, 41 per la precisione, si trova nelle Alpi vallesane. Uno di questi è il Lagginhorn che svetta a 4010 m di altitudine e che è stato scalato la prima volta il 26 agosto 1856. Recentemente la sua cima è stata raggiunta anche dall’alpinista ticinese Matteo Campanella. Ecco il racconto (come sempre bello e “vissuto”) della sua scalata.

leggi tutto »

Triathlon- Martina Buri brillante Campionessa svizzera U20

Anche con Martina Buri, fresca campionessa svizzera giovanile di triathlon, la disciplina ritrova slancio e promette un futuro brillante in Ticino. Grinta, dedizione e passione animano una nuova generazione di atleti che non solo si difendono con onore sulle scene nazionali, ma portano nuova energia e visibilità a uno sport duro e affascinante, pronto a scrivere nuove pagine di successo.

leggi tutto »