TOUR DE FRANCE 2025 – Mont Ventoux, “dio del male”

Oggi il Tour de France arriva sul Mont Ventoux: una salita che ho affrontato nel 2019 in occasione del mio viaggio lungo la ciclabile del fiume Rodano. Salita decisamente impegnativa e non facile, soprattutto perché la affrontai la sera in una giornata di caldo torrido. Qualche settimana dopo descrissi quella salita (e la sua storia) per il settimanale “Extra” del Corriere del Ticino.

Ci sono salite che hanno fatto la leggenda del ciclismo. Quella al Mont Ventoux (1912 m),chiamato anche “Monte Calvo”, in Provenza, è una di queste. Noi ci siamo stati di recente e dunque ve ne parliamo. 

Prima di tutto, c’è la storia: il sublime assolo di Charly Gaul nel 1958, la spettacolare resurrezione di Bernard Thévenet nel 1972, e, più vicino a noi, l’offerta fatta da Lance Armstrong a Marco Pantani nel 2000.

Ma il Ventoux è anche odore di tragedia: il crollo di Jean Malléjac nel 1955, salvato per miracolo grazie al pronto intervento dei medici, la crisi di Ferdi Kübler che lo costrinse al ritiro, il malessere di Eddy Merckx nel 1970. Ma, soprattutto, la tragica morte avvenuta nel 1967, a due chilometri dal traguardo, di Tom Simpson.

Per Roland Barthes il Ventoux è “un dio del male a cui bisogna dedicare sacrifici”, “un Moloch, despota dei ciclisti, che non perdona niente e fa pagare ai più deboli un pesante tributo di sofferenza”.

Il poeta toscano Petrarca l’aveva affrontato a piedi con il fratello Gherardo nell’aprile del 1336 raccontando quell’impresa in una lettera che segnò lo spartiacque tra Medioevo e Umanesimo. L’ascesa fu tuttavia per lui molto difficile e questo sembra perché il poeta, a differenza del fratello, era in grave crisi spirituale. 

Bédoin: è lì che comincia tutto, a 296 metri di altitudine, all’uscita da questo grazioso paese esotico stretto tra case di pietra e contornato da distesi vigneti che producono vini di ottima qualità. Siamo a 15 km da Carpentras e a quarantacinque da Avignone.  

Nei primi cinque chilometri la strada sale con pendenze attorno al 5% fino al famoso “virage” di Saint Estève, tornante secco che immette al primo cambio di pendenza: adesso la strada si inerpica al 10% senza flessioni per una decina di chilometri in una foresta di larici e di cedri. 

La vegetazione accompagnerà il ciclista fino a Chalet-Reynard dove c’è un ristoro, quando mancheranno 6,6 km alla vetta. A quel punto il paesaggio cambierà radicalmente e si verrà catapultati sulla… luna, con le rocce e le pietraie a fare da contorno ai lunghi rettilinei arsi dal sole: inizia qui il vero Mont Ventoux.

Le pendenze si fanno meno difficili, attorno al 7%, ma due nuovi nemici metteranno i bastoni fra le ruote dei ciclisti: il fortissimo vento, il “mistral”, e il sole cocente che renderanno l’atmosfera infernale e la strada sembrerà non terminare più.

Siamo a meno 2 km dalla cima, ecco la stele in ricordo di Tom Simpson, ci avviciniamo all’ultimo chilometro che torna al 10% con lo sguardo fisso all’insù, verso le antenne dell’osservatorio che sono ormai vicine. Ultimo tornante e poi siamo al traguardo. 16 volte il Tour è transitato sul Ventoux, ma solo per 10 volte l’arrivo di tappa era posto sulla montagna. L’ultima volta fu nel 2016, quando il belga Thomas De Gent vinse la dodicesima frazione e Chris Froome si confermò maglia gialla. Per sua fortuna, però, in quell’occasione la tappa di concluse “solo” a Chalet-Reynard…

SCHEDA

Regione Provenza (Francia)

Partenza Bédoin, 296 m

Arrivo Mont Ventoux, 1912 m

Dislivello 1616 m

Lunghezza 22,7 km

Pendenza media 7,1%

Pendenza massima 11-12%

12 risposte

  1. Sono stato impossibilitato a vedere l’ascesa al Monte Ventoso. Mi tengo nella mente quella di Eddy Merckx, vittoriosa in solitaria ma “pagata” con uno sfinimento fisico mai visto … gli fu dato dell’ossigeno mentre era seduto distrutto a bordo strada dopo la linea d’arrivo!!! se lo sfidi così, il Monte te la fa pagare! purtroppo lo ha pagato con la sua vita Tommy Simpson … ero bimbetto ma qualcosa ci era arrivato anche a noi bimbi, tra un compito e l’altro alle Scuole elementari!

    Un po’ spiace che la preparazione fisica “scientifica” coi gel invece delle banane, coi watt invece delle sensazioni, coi pignoni da 36 invece dei 27 … riescano a “domare” la Montagna … come diceva Giovanni Guareschi in Don Camillo: “… un peccato!”.

    1. È stato un grande spettacolo devo ammetterlo! I protagonisti si sono dati battaglia e sul loro volto si leggeva la fatica per l’enorme sforzo. Credo che questo ciclismo sia effettivamente più “umano” rispetto a quello “chimico” di una ventina di anni fa…

      1. Be’, ne sono confortato. Mi spiace non aver visto, ho ascoltato nel Radio Giornale raccontare di almeno quattro attacchi decisi di Vingegaard … ma Poghy non molla, pur col raffreddore …
        Ieri sera ho letto un po’ la Storia del Mont Ventoux … a parte che Petrarca ha fatto parecchia fatica a piedi ai tempi della prima Letteratura in Lingua Italiana … mi è piaciuto il racconto della prima scalata in bicicletta nel 1910: ancora non c’era il cambio dei rapporti sul pignone posteriore … forse c’era addirittura il “pignone fisso”, senza scatto libero, Petit Bretòn all’arrivo si scagliò contro gli organizzatori: “ASSASSINI !”.

  2. Spero di non scrivere troppo ma … ho bisogno di vedere cose belle in un Mondo pieno di cose brutte, ultimamente anche più brutte dell’immaginabile. Qui da Nicola se ne trovano ancora!
    Qui da me è appena spiovuto, dopo un bel temporalone rinfrescante. Nel pomeriggio provo se riesco a vedere la tappa che si presenta difficilissima.
    La mia personale esperienza delle salite è sempre stata con rapporti abbastanza “duri” sulla mia bici il passo più corto è 44 x 27 … dunque attorno ai 4 metri per pedalata, ora non sto a fare il calcolo preciso con la ruota da 28 pollici e rotti. Per questo a me la salita del Monte Bisbino risulta parecchio impegnativa. Se montassi il 39 x 32 come so fanno certi … ovviamente mi apparirebbe meno impegnativa pur dovendo vorticare le pedivelle come un frullatore, ah ah …
    Anche il Merckx del Ventoux non aveva certo i rapporti corti che si usano oggi !! Ma ogni tempo ha le sue peculiarità e non è possibile fare paragoni di merito. Ad esempio, ai tempi del grande Giacomo Agostini o del mitico Mike Heilwood la stagione era di sole una diecina di gare e si gareggiava sia in 500 sia nella 350 cc … oggi la stagione è di una ventina di gare e la 350 la ghé pü … come si possono confrontare Valentino con Agostini? Poghi con Merckx o Coppi o Binda?
    buona tappa a tutti !!!

  3. Oggi ho visto le due salite degli ultimi 70 chilometri. Sul Col de la Madeleine la squadra di Vingegaard ha lavorato ma mi è parso non fossero tanto “pimpanti” … l’impressione è che gli sono rimaste poche energie e non abbiano per nulla scalfito il Pogaciar. Poi a cosa è servito mandare in fuga l’uomo che poi è scoppiato? Mmmmm …
    Sulla salita finale, lunghissima, dominio assoluto degli uomini di Pogaciar che, oltretutto, sono rientrati da dietro -erano in ritardo di un paio di minuti- proprio perché gli uomini di Vingegard hanno tenuto una velocità davvero bassa nel falsopiano. E pensare che Poghi era rimasto solo! gli hanno “regalato” due compagni di squadra risultati poi molto energici sulla lunghissima salita finale. Che duri gli ultimi sei chilometri !! Dunque noterei il rendimento veramente inefficace della squadra del danese. Risultato? Impossibile scalfire Poghi, risulta molto superiore sia al Vingegaard sia alla squadra parsa al lumicino.
    Proprio come ha ben sintetizzato Lei, Nicola!

    1. D’accordissimo con la tua “analisi”, ho seguito la tappa sul nostro canale svizzero e devo dire che mi sono divertito per una “cronaca” simpatica: pensa, che nella tappa del Ventoux uno dei commentatori aveva indicato il probabile vincitore a… 36 km dal traguardo… ovviamente è arrivato, ma quasi tra gli ultimi… 😂😂

      1. ah, ah, ah, … ho sempre prediletto i Radio e Telecronisti della RSI (in Italia era bravo il De Zan padre, un secolo fa), purtroppo qui a Legnano la TV svizzera mi è “proibita” dal passaggio tecnico alla trasmissione in digitale. Così ho messo l’apparecchio in spazzacà. Il Marco Vitali lo ascoltavo nelle mie presenze nella Svizzera italiana, mi piace, fa analisi belle anche se a volte “va lungo” ih ih … ora non so più se fosse lui o suo fratello Sandro, o entrambi, li avevo visti di persona gareggiare ad un bel Ciclocorss dell’Epifania a Gorla Minore -VA- in un impegnativo percorso sul ripido costone della Valle del Fiume Olona, all’interno del Parco di una storica Villa ottocentesca.

  4. Carpe Diem … l’ho “letta” così, l’azione coraggiosa e spregiudicata di Arensman … apprezzatissima! scattato in faccia ai due uomini più forti in salita … Vingegaard forse dubbioso, dopo essere stato senza squadra (tutti stremati) … Poghi prudente, forse anche un po’ stanco?… rispetto per Pogaciar, da parte mia: credo che avesse la possibilità di vincere, nell’ultimo Km, mi piace credere che abbia rispettato il coraggio di Aresmann ed abbia “protetto” la sua bella impresa vittoriosa! lo credo. Ciao dal pino

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