Oggi il Tour de France arriva sul Mont Ventoux: una salita che ho affrontato nel 2019 in occasione del mio viaggio lungo la ciclabile del fiume Rodano. Salita decisamente impegnativa e non facile, soprattutto perché la affrontai la sera in una giornata di caldo torrido. Qualche settimana dopo descrissi quella salita (e la sua storia) per il settimanale “Extra” del Corriere del Ticino.
Ci sono salite che hanno fatto la leggenda del ciclismo. Quella al Mont Ventoux (1912 m),chiamato anche “Monte Calvo”, in Provenza, è una di queste. Noi ci siamo stati di recente e dunque ve ne parliamo.
Prima di tutto, c’è la storia: il sublime assolo di Charly Gaul nel 1958, la spettacolare resurrezione di Bernard Thévenet nel 1972, e, più vicino a noi, l’offerta fatta da Lance Armstrong a Marco Pantani nel 2000.
Ma il Ventoux è anche odore di tragedia: il crollo di Jean Malléjac nel 1955, salvato per miracolo grazie al pronto intervento dei medici, la crisi di Ferdi Kübler che lo costrinse al ritiro, il malessere di Eddy Merckx nel 1970. Ma, soprattutto, la tragica morte avvenuta nel 1967, a due chilometri dal traguardo, di Tom Simpson.
Per Roland Barthes il Ventoux è “un dio del male a cui bisogna dedicare sacrifici”, “un Moloch, despota dei ciclisti, che non perdona niente e fa pagare ai più deboli un pesante tributo di sofferenza”.
Il poeta toscano Petrarca l’aveva affrontato a piedi con il fratello Gherardo nell’aprile del 1336 raccontando quell’impresa in una lettera che segnò lo spartiacque tra Medioevo e Umanesimo. L’ascesa fu tuttavia per lui molto difficile e questo sembra perché il poeta, a differenza del fratello, era in grave crisi spirituale.
Bédoin: è lì che comincia tutto, a 296 metri di altitudine, all’uscita da questo grazioso paese esotico stretto tra case di pietra e contornato da distesi vigneti che producono vini di ottima qualità. Siamo a 15 km da Carpentras e a quarantacinque da Avignone.
Nei primi cinque chilometri la strada sale con pendenze attorno al 5% fino al famoso “virage” di Saint Estève, tornante secco che immette al primo cambio di pendenza: adesso la strada si inerpica al 10% senza flessioni per una decina di chilometri in una foresta di larici e di cedri.
La vegetazione accompagnerà il ciclista fino a Chalet-Reynard dove c’è un ristoro, quando mancheranno 6,6 km alla vetta. A quel punto il paesaggio cambierà radicalmente e si verrà catapultati sulla… luna, con le rocce e le pietraie a fare da contorno ai lunghi rettilinei arsi dal sole: inizia qui il vero Mont Ventoux.
Le pendenze si fanno meno difficili, attorno al 7%, ma due nuovi nemici metteranno i bastoni fra le ruote dei ciclisti: il fortissimo vento, il “mistral”, e il sole cocente che renderanno l’atmosfera infernale e la strada sembrerà non terminare più.
Siamo a meno 2 km dalla cima, ecco la stele in ricordo di Tom Simpson, ci avviciniamo all’ultimo chilometro che torna al 10% con lo sguardo fisso all’insù, verso le antenne dell’osservatorio che sono ormai vicine. Ultimo tornante e poi siamo al traguardo. 16 volte il Tour è transitato sul Ventoux, ma solo per 10 volte l’arrivo di tappa era posto sulla montagna. L’ultima volta fu nel 2016, quando il belga Thomas De Gent vinse la dodicesima frazione e Chris Froome si confermò maglia gialla. Per sua fortuna, però, in quell’occasione la tappa di concluse “solo” a Chalet-Reynard…
SCHEDA
Regione Provenza (Francia)
Partenza Bédoin, 296 m
Arrivo Mont Ventoux, 1912 m
Dislivello 1616 m
Lunghezza 22,7 km
Pendenza media 7,1%
Pendenza massima 11-12%
2 risposte
Sono stato impossibilitato a vedere l’ascesa al Monte Ventoso. Mi tengo nella mente quella di Eddy Merckx, vittoriosa in solitaria ma “pagata” con uno sfinimento fisico mai visto … gli fu dato dell’ossigeno mentre era seduto distrutto a bordo strada dopo la linea d’arrivo!!! se lo sfidi così, il Monte te la fa pagare! purtroppo lo ha pagato con la sua vita Tommy Simpson … ero bimbetto ma qualcosa ci era arrivato anche a noi bimbi, tra un compito e l’altro alle Scuole elementari!
Un po’ spiace che la preparazione fisica “scientifica” coi gel invece delle banane, coi watt invece delle sensazioni, coi pignoni da 36 invece dei 27 … riescano a “domare” la Montagna … come diceva Giovanni Guareschi in Don Camillo: “… un peccato!”.
È stato un grande spettacolo devo ammetterlo! I protagonisti si sono dati battaglia e sul loro volto si leggeva la fatica per l’enorme sforzo. Credo che questo ciclismo sia effettivamente più “umano” rispetto a quello “chimico” di una ventina di anni fa…