Ascensione al Pizzo Quadro (2793 m), da Cimalmotto

Il giovane alpinista Matteo Campanella questa volta ci porta a scoprire il Pizzo Quadro, tra Svizzera e Italia, una cima che non raggiunge i tremila metri ma che rappresenta una bella sfida per ogni appassionato di alta montagna. Ma soprattutto che diventa un’avventura se si è colti da un temporale…

Il Pizzo Quadro mi è già sfuggito un paio di volte, una volta in condizioni invernali, e l’ultima volta lo scorso weekend, quando ho sbagliato strada salendo troppo presto sulla cresta di confine tra Svizzera e Italia, e valutando troppo pericoloso il proseguimento sono tornato indietro.

Quest’oggi (siamo a metà giugno 2025) invece, ripartiamo alla volta del Pizzo Quadro, con un’altra via di salita in mente. Partiamo dal posteggio a Cimalmotto, frazione di Campo Vallemaggia, verso le 9 del mattino: siamo in tre, io, Daniel, che mi accompagnerà nella salita in cima, e Ailis, che ci accompagnerà fino a quota 2000 metri.

La parte iniziale dell’ascesa

Ci incamminiamo di buon passo verso l’Alpe di Magnello, il sentiero che conduce alla stessa è per lo più pianeggiante, senza alcuna fatica arriviamo nella valle del riale e lo attraversiamo, iniziamo a soffrire il caldo, devono essere 25 gradi ma è umidissimo, dopo aver superato l’alpe siamo già tutti e 3 grondanti. 

Convinco Ailis a seguirci ancora per un po’, dopo l’alpe il sentiero diventa più difficile da individuare, inizialmente seguiamo il riale di Magnello e lo attraversiamo poco dopo la fine dei prati. 

Da qui si attraversa una specie di cancelletto di legno per il bestiame e si comincia la salita vera e propria, il cammino si fa più ripido e la traccia sempre più difficile da individuare, occorre prestare attenzione per rimanere su di essa, per evitare una ravanata nei rododendri dei quali queste valli sono estremamente ricche.

Dopo aver attraversato la prima macchia di vegetazione, ci si ritrova al “Piano dei Turnitt”, qui salutiamo Ailis, che è stanca e molto accaldata, si ferma a fare il bagno nel torrente e prendere un po’ di sole. Io e Daniel invece proseguiamo aumentando il passo, poiché siamo partiti già molto tardi e nel pomeriggio sono previsti temporali.

Dalla piana si attraversa un’altra banda di vegetazione bassa, da qui di tracce ancora non ne ho viste, probabilmente perché questa valle è poco frequentata, o magari solitamentela gente passa a sinistra del Rii di Magnello, ma poco importa, dopo una quindicina di minuti siamo fuori dai rododendri, accaldati sbagliamo strada, costeggiamo il riale per circa 500 metri dopodiché decidiamo di attraversarlo attorno ai 2150 m di quota, per poi proseguire all’interno di quello di fianco, sfruttando le rocce per restare fuori dalla vegetazione (il terreno è morbido e pieno di vegetazione bassa, rallenta molto la progressione).

L’avvicinamento alla parete est

Proseguiamo così fino a “Motöi”, dove troviamo un paio di laghetti formati dal rapido scioglimento della neve.  Qui decidiamo di aggirare la collina della quota 2441 m così da avvicinarci alla parete est, che valutiamo l’opzione migliore per salire in vetta.

Da qui inizia la parte più impegnativa della salita, inizialmente risaliamo la pietraia su massi abbastanza stabili, più si sale più il terreno diventa instabile, occorre prestare la dovuta attenzione a dove si mettono i piedi, in alcuni tratti è richiesto l’uso delle mani per la stabilità.

Una volta in cima alla pietraia il peggio a parer mio è passato, iniziamo quindi la traversata del terrazzo che si trova direttamente al di sotto della parete est del Pizzo Quadro, ci sono placche ancora bagnate e ricoperte in parte da piccole rocce molto mobili, quindi preferiamo stare più vicini possibile alla parete, qui  troviamo qualche nevaio che percorriamo con molta attenzione, e dopo pochi passi ci ritroviamo sotto la cresta, da qui noi optiamo per qualche facile passaggio di arrampicata (II), che ci porta agevolmente sulla cresta nord-est.

La conquista della Vetta

Una volta arrivati su quest’ultima la “scavalchiamo” e ci portiamo sul versante nord, qui c’è un’ampia piana ancora ben coperta di neve portante tranne per qualche buchetto qua e là che non ci crea troppi problemi; dopo aver percorso questo breve tratto la via si fa più ripida, credo 35 gradi massimo per la via dell’andata, qui indossiamo i ramponi.

Dopo una breve pausa ci lanciamo verso la vetta, tagliando l’ultima parte della parete nord sempre su neve marcia e ripida da sinistra verso destra, raggiungiamo quindi la cresta nord ovest poche decine di metri sotto la cima. Qui ci portiamo in cresta e raggiungiamo la cima senza difficoltà.

Siamo in vetta! Al mio terzo tentativo riesco finalmente a conquistare il Pizzo Quadro, francamente senza troppa fatica, e con un finale alpinistico relativamente tranquillo ma comunque divertente.

Inventarsi una via di fuga

Purtroppo, si è fatto tardi. Forse ce la siamo presa un po’ troppo con comodo, comunque sia vediamo le nubi di tempesta avvicinarsi velocemente, intimiditi e preoccupati dalla situazione scattiamo un paio di foto e cominciamo la discesa. Il temporale potrebbe essere sopra di noi tra meno di mezz’ora; quindi, prendo la decisione di non ripercorrere la via dell’andata, temo che durante un temporale possa diventare pericolosa, soprattutto per via della discesa sulla pietraia molto instabile.

Quindi dobbiamo inventarci una via di fuga dalla cima del Pizzo Quadro, non abbiamo tempo da perdere, prendo l’iniziativa e comincio a scendere rapidamente la cresta nord ovest, dopo una ventina di metri siamo costretti a tornare sulla neve sotto il filo di cresta per evitare un salto verticale. Qui la pendenza tocca i 40 gradi, percorriamo questo breve tratto su neve ripida più veloce che possiamo per aggirare uno scalino di qualche metro e ci riportiamo in cresta, qui con bella ma semplice arrampicata, raggiungiamo il primo punto che ci permette di scendere dalla cresta e portarci nell’ampia conca italiana a ovest del pizzo quadro. Qui inizialmente per nevai, e poi per prati (evitando i salti di roccia), corriamo letteralmente verso valle con i ramponi ancora ai piedi.

Il rientro sotto… l’acqua

Li toglieremo solamente intorno ai 2200 metri, dove le pendenze diminuiscono un po’. Serpeggiamo giù per la valle a passo di corsa, evitando i punti difficili su rocce  e guadando torrenti di piccole e medie dimensioni.

Continuiamo così fino a raggiungere il bosco, qui il terreno si fa più ripido, consulto la mappa sul garmin per cercare di individuare il sentiero. Oramai piove forte e siamo bagnati dalla testa ai piedi, scendiamo per la vallata attraversando sempre verso ovest, guadagno ancora qualche torrente ingrossato dal temporale, dopo non poca fatica raggiungiamo il sentiero nei pressi dei pascoli della corte nuova.

A questo punto tiriamo un sospiro di sollievo, incredibilmente abbiamo raggiunto il sentiero senza quasi dover risalire e senza rimanere bloccati da ostacoli naturali, quali precipizi, cascate e quant’altro…

Certo la corsa ci ha permesso di perdere 1100 metri di quota in meno di un’ora e mezza  però le nostre gambe ne risentono e la strada del ritorno è ancora lunga. Iniziamo quindi a precorrere il sentiero che porta a fondovalle, al primo bivio ci fermiamo per mangiare una barretta e bere un po’ d’acqua, Daniel la sua l’ha già finita e ci mancano ancora 8 km.

Fradici ma… contenti

Dopo una decina di minuti, ci rimettiamo in marcia, fradici ma contenti, il sole sta cominciando a farsi vedere di nuovo. Una volta arrivati a fondovalle, precorriamo il letto del fiume per alcuni chilometri attraversandolo un paio di volte fino all’ultimo attraversamento di esso, questo punto l’ho sempre chiamato “garette”, una volta era attraversabile anche in macchina ma le forti piogge degli ultimi anni hanno spazzato via gran parte del passaggio; quindi, ci tocca guadare anche questo torrente.

Da qui è quasi fatta, ci restano pochi chilometri per tornare alla macchina, Daniel è molto stanco ma non molla, riusciamo a mantenere un buon passo, dalla strada sterrata che attraversa la costa di Lagarèd arriviamo ai “Pianelli di Sopra”. Qui seguiamo la strada fino al bivio che divide la strada che porta in paese da quella che sale al di sopra; quindi, prendiamo quest’ultima e percorriamo gli ultimi 1500 metri.

Una volta arrivati fermiamo il tempo, 5 ore e 50 minuti di movimento con 1500 metri di dislivello positivo per 19.6 km percorsi. Non si direbbe dai numeri ma è stata una giornata molto impegnativa (direi a causa della corsa in discesa che ci ha distrutto le gambe). Scendendo dal versante italiano abbiamo perso molto tempo, però tutto sommato è stata una giornata degna di nota, dalla bella salita alla fuga intensa dal temporale, in territorio completamente sconosciuto e sotto l’acquazzone!

Un itinerario da pianificare

L’itinerario in sé non è molto impegnativo se percorso con calma, con l’anello che abbiamo fatto noi si allunga la gita di un po’ e si percorre terreno più scomodo, una gran bella ravanata oserei dire! Pianificate bene il percorso se doveste decidere di percorrerlo.

Leggi anche: – Il Pizzo Vogorno in solitaria; La scalata del Pizzo Gallina

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