Coach o guru? Come riconoscere i falsi maestri nello sport

Sport e consapevolezza: fidarsi del coach è utile, ma senza cedere la propria libertà. Impara a restare il tuo primo allenatore.

Nello sport, come nella vita, la figura dell’allenatore è spesso percepita come guida imprescindibile, punto di riferimento tecnico e motivazionale. Tuttavia, non è raro che questa funzione assuma i tratti di una sorta di “guru”, a cui gli atleti — soprattutto i più giovani o i più fragili — si affidano senza spirito critico.

Il rischio è evidente: si delega completamente ad altri la responsabilità del proprio percorso, smarrendo la capacità di ascoltare il corpo, riconoscere i propri limiti, valutare i reali benefici o i potenziali danni di ciò che si sta facendo.

La ricerca di un modello carismatico può diventare un’arma a doppio taglio. Da un lato, la passione e l’energia di un coach possono motivare e stimolare al miglioramento. Dall’altro, l’autorità mal gestita può sfociare in imposizioni, metodi discutibili o persino pratiche dannose per la salute fisica e psicologica dell’atleta. La figura del “coach-guru” rischia allora di oscurare ciò che dovrebbe essere il nucleo dell’attività sportiva: la crescita armonica della persona, nel rispetto dei suoi ritmi e delle sue esigenze.

Il primo vero allenatore, in fondo, dovremmo essere noi stessi. Non nel senso di rinunciare a ogni guida esterna — perché il sapere tecnico e l’esperienza hanno un valore innegabile — ma nel senso di mantenere sempre attiva una coscienza vigile. Saper osservare il proprio corpo, ascoltare i segnali che manda, porsi domande, sviluppare senso critico: questa è la base di un rapporto equilibrato con lo sport. Un buon coach, infatti, non sostituisce mai la capacità di autodeterminazione dell’atleta, ma la potenzia, aiutandolo a diventare progressivamente indipendente.

In definitiva, lo sport dovrebbe insegnare autonomia e consapevolezza, non cieca obbedienza. Affidarsi significa fidarsi, non annullarsi. È in questa sottile distinzione che si gioca la vera sfida educativa: imparare a essere atleti liberi, capaci di trarre ispirazione da un maestro, ma sempre guidati dalla bussola più importante — quella interiore.

3 risposte

  1. Concordo pienamente. La linea che separa l’autorevolezza di un allenatore preparato e motivatore dall’autorità imposta da questi pseudo-guru è molto sottile. Una figura motivante è sicuramente utile, anche per gli sportivi dilettanti, non deve diventare una presenza opprimente, prevaricante o che impone determinate pratiche. L’atleta non deve mai perdere la propria autonomia decisionale! Inoltre un bravo coach, oltre all’empatia e al carisma dovrebbe avere una buona preparazione tecnica (che a volte questi pseudo-guru non hanno…).
    Un bravo allenatore non si improvvisa…. Diffidate dalle imitazioni 😁

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