“Cat calling”, quel brutto vizio di fischiare alle ragazze

Si chiama “cat calling” ed è un termine utilizzato per definire i fischi e gli apprezzamenti di cattivo gusto rivolti alle donne per strada, anche quando praticano sport, corrono o vanno in bicicletta.

Il termine è stato portato alla ribalta di recente da Aurora Ramazzotti, figlia di Michelle Hunziker e papà Eros, che in un video (v. sotto) affronta la problematica dichiarandosi “schifata e delusa” dalla presenza di uomini che, nel 2021, ancora si permettono di dedicare commenti sessisti e volgari alle donne per strada.

Purtroppo questa abitudine è diffusa anche da noi e non ci fa certo onore. Non saprei in che misura però lo è senz’altro. Anche e soprattutto riguardo lo sport praticato negli spazi aperti, sulle strade e i marciapiedi. Ovvero da parte di donne o ragazze che corrono o pedalano e vorrebbero farlo in tutta tranquillità.

Di ciò ne ho avuto purtroppo conferma anche di recente da parte di persone vicine a me che sottolineano come queste situazioni le mettano a disagio, non le facciano sentire sicure, compromettendo – e questo è ciò che personalmente a me dà più fastidio – il loro entusiasmo e volontà di fare movimento all’aria aperta.

È davvero un peccato se si pensa che siamo nel 2021, che sport come la corsa a piedi o la bicicletta sono ormai dei diritti acquisiti, praticati da tutti, signore comprese. Attività simbolo di gioia, benessere e libertà, oltretutto. Per questo condivido e comprendo lo sfogo di Aurora Ramazzotti durante la sua corsa a piedi.

Non so se la legge prevede qualcosa al riguardo, personalmente confido sul buonsenso e sul fatto che queste persone, o meglio questa particolare tipologia di maschio, prima di fare il proprio commento o di lanciare il proprio burbero fischio, contino almeno fino a dieci…

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IL SUCCESSO NEL LAVORO E LA QUALITÀ DI VITA

In un precedente post intitolato “Il mio decalogo per una vita sana e felice” indicavo anche il lavoro tra i 10 aspetti fondamentali di cui tenere conto per ottenere delle giuste soddisfazioni.

In particolare ricordavo che il lavoro è una delle parti più importanti della nostra vita. Anzitutto in termini di tempo. Al lavoro dedichiamo mediamente otto ore al giorno e anche più, il tempo migliore della giornata, quello in cui siamo più freschi e produttivi.

Il lavoro ha inoltre una funzione fondamentale: noi siamo quello che facciamo. È quindi parte della nostra identità. Quando incontriamo una persona, tra le prime cose che chiediamo è proprio quale sia la sua attività lavorativa e per cosa abbia studiato.

Per queste ragioni bisognerebbe fare in modo che l’attività lavorativa sia di nostro gradimento e che ci permetta di realizzarci. Altrimenti diventa solo un obbligo che alla lunga può portare alla disaffezione e all’abbandono.

Il ruolo del lavoro è pregno di significato perché rappresenta il contributo concreto che noi diamo alla società. Infatti noi aiutiamo gli altri attraverso la nostra attività lavorativa e nel contempo ci rivolgiamo agli altri per quelle competenze di cui abbiamo bisogno, ma che da soli non sappiamo e possiamo realizzare.

Di più, guadagnando, il lavoro ci permette di vivere e di non pesare sugli altri. Un atteggiamento di sana responsabilità verso il prossimo. Dove ognuno, appunto, cerca di dare il proprio contributo e di fare la propria parte nella società in cui viviamo.

Tutto questo porta a riconsiderare un vecchio principio che considerava il successo nel lavoro solo sulla base di due criteri: quello del prestigio sociale e quello del guadagno.

Un concetto ancora diffuso oggi ma che viene sempre più messo in discussione da una nuova tendenza che porta in primo piano altri aspetti altrettanto se non addirittura più importanti ed essenziali.

Oltre al salario e al prestigio, per stabilire la qualità e il successo nel lavoro si aggiungono in misura determinante la salute mentale e fisica, l’amore per quel che si fa e il tempo libero che resta a disposizione.

Esattamente come riassunto nell’immagine riportata in alto e che può essere sintetizzata come segue:

COME CI HANNO INSEGNATO A MISURARE IL SUCCESSO

Sostanzialmente due indicatori:

1. Salario 50%

2. Titolo di lavoro (prestigio sociale) 50%

COME ANDREBBE MISURATO IL SUCCESSO

Gli indicatori diventano sei:

1. Salute mentale 25%

2. Salute fisica 25%

3. Amare quel che si fa 20%

4. Tempo libero 15%

5. Titolo di lavoro (prestigio sociale) 5%

6. Salario 10%

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IL MIO DECALOGO PER UNA VITA SANA E FELICE

Raggiunta ormai una certa (e veneranda) età ho forse acquisito qualche spicchio di saggezza in più? Bella domanda! Forse si o forse no. In ogni caso l’esperienza di vita che ho alle spalle mi porta a dire che, a mio avviso, sono dieci gli elementi che devono essere curati per vivere meglio il momento presente, per progettare il futuro...

Ma anche per fare fronte alle difficoltà della vita che, ormai lo sappiamo, non mancano mai. In una parola queste qualità vanno a costituire le nostre ancore di salvataggio anche per i momenti difficili, alimentando la nostra capacità di resilienza. Insomma, date un’occhiata e semmai ditemi cosa ne pensate: ogni critica, ovviamente, è ben accetta!

ALIMENTAZIONE-MOVIMENTO-ETICA-RIPOSO-AMBIENTE-LAVORO-AMICIZIE-DIVERTIMENTO-CULTURA-RELAZIONI

ALIMENTAZIONE

“Siamo quello che mangiamo” ha sentenziato il filosofo tedesco Ludwig Feuerbach (1804-1872). Qualcuno nutre dubbi in tal senso? E malgrado ciò non abbiamo una vera cultura dell’alimentazione, del mangiare bene e sano. La scuola raramente se ne occupa, tante famiglie non se ne fanno un problema.

Così, spesso, ci nutriamo a casaccio e piuttosto male. I nostri organi più sensibili – fegato, pancreas, ecc. – allora gridano e ne soffrono e poi…, magari, si ammalano. Semplicemente per questo: perché non li abbiamo capiti e rispettati…

È importante curare sia la qualità (frutta, verdura ai primi posti), che la quantità (mantenere un bilancio calorico con quel che si consuma, per evitare di accumulare grassi) oltre alla assunzione: meglio cinque pasti al giorno che solo tre o, addirittura, due.

E infine non ci si scordi di questa semplice massima che ci viene da un detto popolare e che ci esorta, molto semplicemente, a fare “una colazione da re, un pranzo da principi e una cena da poveri”.

MOVIMENTO

Il concetto alla base è davvero semplice: siamo progettati per muoverci e non per restare fermi. Se stiamo fermi ci ammaliamo. È la nostra evoluzione di primati che ce lo dice, abituati fin dalla notte dei tempi a cacciare, saltare, rincorrere per sopravvivere.

Per vivere bene, gli esperti dicono che occorre fare movimento per almeno un’ora al giorno. Con un occhio di riguardo per quelle attività che sviluppano la resistenza aerobica, l’agilità e la forza. Quindi esercizi specifici e sport di resistenza, come escursionismo, corsa a piedi, bicicletta. Possibilmente senza esagerare, ma piuttosto a ritmo moderato.

L’attività sportiva praticata in contesti naturali ci permette anche di svolgere una sorta di meditazione in movimento, con grandi benefici per la psiche e la mente, staccandoci dai problemi della quotidianità per entrare in contatto con noi stessi.

ETICA

“Fai quello che devi, accadrà quello che può” ha detto il grande filosofo Immanuel Kant. A significare che è importante avere un comportamento etico corretto in ogni situazione – verso gli altri, il mondo, se stessi – a prescindere dal fatto che le nostre intenzioni abbiano poi un successo pratico o meno.

Lo sappiamo: si può avere ragione in molte situazioni, ma non sempre è il bene, il giusto o la verità a spuntarla. Possiamo anche subire dei forti e oggettivi torti, a volte quasi insopportabili. Situazioni difficili a cui saremmo tentati di reagire vendicandoci, distruggendo, facendo subire ad altri quello che è toccato a noi. Ma così facendo commetteremmo un grave errore: quello di portarci al livello dell’altro e del torto. È questo ciò che vogliamo?

La nostra forza d’animo sta proprio nel non rispondere per forza “a tono” commettendo lo stesso errore di colui che ha torto. Rispondere sì, se possibile, ma in modo da risolvere costruttivamente la questione, che a volte significa semplicemente non dire o fare proprio nulla. Mantenendo la nostra dignità di persone e portando le proprie cicatrici con dignità. Dimostrando che malgrado la sofferenza si è ancora capaci di sorridere, che malgrado si sia stati maltrattati si è rimasti gentili.

Avere un comportamento eticamente corretto è una delle soddisfazioni più grandi. Che richiedono una capacità e una forza d’animo non indifferente. Resistere alla tentazione di diventare il peggio, alimentando il male nella società, non è da tutti ma solo delle persone davvero forti e sagge.

RIPOSO

Il riposo è altrettanto importante dell’attività. Ma spesso ce ne dimentichiamo. “Chi dorme non piglia pesci” recita peraltro un vecchio adagio. Parole che vanno bene in questa società che viaggia a mille all’ora e che sembra non voler concedere pause a nessuno.

Così succede che per restare al passo con tutti gli impegni che ci vengono chiesti ci si obbliga ad entrare in un “circolo vizioso” che si trasforma in un vortice incessante di cose e attività da svolgere.

Risultato? Si è impegnati per gran parte del nostro tempo su questioni che magari non ci interessano neppure molto sacrificando il nostro tempo a disposizione, ma anche il tempo – importantissimo – che dovrebbe essere dedicato al riposo.

Dormire e dormire bene è infatti fondamentale per il nostro equilibrio psicofisico. Perché ci consente di “metabolizzare” le nostre esperienze quotidiane, recuperando la fatica e lo sforzo. Sul numero di ore ideali da dedicare al sonno vi sono diverse versioni e pareri, anche se in genere si è concordi nel ritenere che otto ore siano l’ideale.

AMBIENTE

In molti non ci fanno caso, ma l’ambiente in cui passiamo le nostre ore influenza il nostro stato d’animo. La nostra abitazione, il luogo di lavoro, il paese in cui abitiamo con le sue caratteristiche fisiche e architettoniche. Inconsciamente ne assorbiamo sia i pregi che i lati negativi.

Ora, se alcuni contesti sono indubbiamente sani e positivi, altri sono viceversa particolarmente “tossici”. Pericolosi per la salute e l’equilibrio, quindi fonte di stress piuttosto che di benessere.

Chiaro, a volte non possiamo scegliere. Siamo costretti a vivere in un certo posto, a lavorare in una certa struttura o edificio. Con, aggiungeremmo, certe persone. Che anche loro a volte possono essere fonte di negatività e di tossicità.

È importante sapere individuare queste situazioni per noi potenzialmente pericolose. E cercare di conseguenza delle soluzioni, ovvero degli ambienti possibilmente più sani. Che sovente sono lontani dai luoghi in cui si abita e si lavora. E che spesso li troviamo nella natura incontaminata e nel silenzio dei grandi spazi.

E poi, come detto, ci sono anche le persone. Quegli individui con cui si deve convivere per qualche ragione o motivo. Da loro è fondamentale proteggersi e non assorbirne l’energia negativa. Allontaniamoci dunque dalle persone che ci… buttano giù.

Allontaniamoci da quei litigi che non troveranno mai soluzione. Smettiamola di cercare di piacere a quelle persone che non riconosceranno mai il nostro valore. Più ci allontaniamo da ciò che avvelena la nostra anima, meglio staremo.

LAVORO

È una delle parti più importanti della nostra vita. Anzitutto in termini di tempo. Al lavoro dedichiamo mediamente otto ore al giorno e anche più, il tempo migliore della giornata, quello in cui siamo più freschi e produttivi.

Il lavoro ha una funzione fondamentale: noi siamo quello che facciamo. È quindi parte della nostra identità. Quando incontriamo una persona, tra le prime cose che chiediamo è proprio quale sia la sua attività lavorativa e per cosa abbia studiato.

Per queste ragioni bisognerebbe fare in modo che l’attività lavorativa sia di nostro gradimento e che ci permetta di realizzarci. Altrimenti diventa solo un obbligo che alla lunga può portare alla disaffezione e all’abbandono.

Il ruolo del lavoro è pregno di significato perché rappresenta il contributo concreto che noi diamo alla società. Infatti noi aiutiamo gli altri attraverso la nostra attività lavorativa e nel contempo ci rivolgiamo agli altri per quelle competenze di cui abbiamo bisogno, ma che da soli non sappiamo e possiamo realizzare.

Di più, guadagnando, il lavoro ci permette di vivere e di non pesare sugli altri. Un atteggiamento di sana responsabilità verso il prossimo. Dove ognuno, appunto, cerca di dare il proprio contributo e di fare la propria parte nella società in cui viviamo.

AMICIZIE

“Chi trova un amico trova un tesoro”: quanta verità! Gli amici veri sono pochi. Sono quelli che frequentiamo nei momenti spensierati, certo, ma che si vedono anche nei momenti difficili.

Anzi, soprattutto e proprio in queste occasioni, quando in genere, proprio a causa delle nostre difficoltà, siamo spesso lasciati a noi stessi. Gli amici veri invece no, non ci lasciano soli e anzi sono sempre disponibili ad ascolarci quando abbiamo bisogno di qualcuno con cui parlare e confidarci.

Da quanto detto è facile capire che l’amicizia senza interesse è quindi qualcosa di estremamente prezioso e che va coltivata giorno dopo giorno. E se le amicizie finiscono? Beh, vuol dire una cosa molto semplice: che probabilmente non sono mai state sincere.

DIVERTIMENTO

applausi

Guardiamo l’origine del termine. Divertimento deriva dal latino de allontanamento e vertere volgere. Quindi volgere altrove, deviare. Le attività che ci permettono di divertirci sono quindi quelle che escono dalla routine della quotidianità.

Possono quindi essere molteplici: cucinare può essere divertente, come leggere, guardare un film, ascoltare musica, fare sport, correre. Anche se in genere associamo il termine a qualcosa che è legato al divertimento e a certe modalità di evasione anche sfrenate.

Tutto va bene: importante è avere delle attività che ci distolgono per un certo tempo dalle occupazioni ordinarie. Che ci facciano stare bene e se possibile ritrovare la serenità e il sorriso.

CULTURA

Molte persone sono abituate a pensare alla cultura come a qualcosa di pesante e di noioso. Retaggio forse di un certo tipo di esperienza scolastica? L’insegnamento nozionistico e ripetitivo, poco entusiasta ed empatico, può fare grossi danni, nel senso che può portare molte persone a sviluppare una disaffezione per tutto ciò che ha il sapore di “culturale”.

Perdendo con ciò moltissimo, perché la vera cultura è nutrimento dello spirito. Prendiamo l’arte e i grandi pittori del passato e del presente, la musica, la letteratura… Nei libri buoni, ad esempio, quelli in cui risconosciamo qualche vago alone di noi stessi, possiamo trovare quegli stimoli per intravvedere nuove vie e soluzioni… che ci permettono di vivere una vita più piena e consapevole.

RELAZIONI

È il mondo degli affetti, quello con le persone che sentiamo più vicine e che possono essere la famiglia o il partner. È importante, come per le amicizie, coltivare questi rapporti, cercare di tenerli vivi e sani il più possibile.

Avere una famiglia alle spalle che ci sostiene è una delle fortune più grandi così come il suo contrario può rappresentare una fonte di difficoltà, anche non indifferente, e gli esempi sono tanti. Molte cause di disagio sociale nascono proprio da una costellazione familiare problematica.

Lo stesso riguarda il discorso che si può fare con il partner, il coniuge, il convivente. Può essere fonte di sofferenza ma anche di grande gioia, sicuramente tra le più belle e intense. Tanto che questo sentimento è stato cantato in modo unico e straordinario dai maggiori poeti di sempre.

E a me, questo universo tutto speciale che è l’amore tra due persone, piace proprio vederlo così!

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Un giorno mi fecero una domanda a cui non seppi rispondere…

Separazioni e divorzi oggi sono all’ordine del giorno. In Svizzera due matrimoni su cinque si concludono con un divorzio. Inutile dire che questo tema è molto delicato: da esso derivano spesso molte sofferenze, disagi e problemi economici. La nostra società sembra non occuparsene molto, anche se rappresenta una ferita profonda per tante persone.

Ricordo il racconto che mi fece una ragazza incontrata sul treno un paio di anni fa in Francia, anche lei in viaggio in bicicletta. Grazie alla passione in comune entrammo subito in confidenza, parlando del più e del meno; fino a quando, ad un certo momento, mi raccontò questa sua storia che mi rimase molto impressa...

“Un giorno mi fecero una domanda a cui non seppi rispondere. Di cosa mi sentivo più orgogliosa. Io credo di non aver fatto del male a nessuno.

Lo sai, forse è perché un giorno quando ero piccola, caddi durante la lezione di danza classica. Diedi un colpo molto forte contro la sbarra, sai la sbarra per gli esercizi e mi misi a piangere come non avevo mai fatto.

Mi feci una piccola ferita che sanguinava. Mi spaventai perché era la prima volta che mi facevo male, perché pensavo a tutti i punti che mi avrebbero messo. Credevo di non poterlo sopportare.

Poi mia madre venne a prendermi e mi portò all’ospedale. I suoi occhi erano strani e io pensai che fosse per me e la mia ferita. Glielo domandai e lei mi disse che non era importante. Ma io insistetti. E le dissi: “Mamma mi fa male, mi fa tanto male”. E lei mi rispose che era un colpo, che al principio duole, ma che dopo passa.

Però continuava ad avere gli occhi strani. Non aveva lo sguardo di sempre. E quando arrivammo a casa dall’ospedale la trovai più vuota. Mancavano le pantofole per stare in casa di mio padre, il sacchetto del tabacco sulla credenza all’ingresso, la sua vestaglia, il suo rasoio elettrico…

E allora capii perché gli occhi di mia madre erano strani, perché non c’è niente che faccia più male, neanche la ferita di una bambina che perde l’equilibrio a una lezione di classica.”

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CORONAVIRUS, LA MARATONA PIÙ DIFFICILE

L’espressione è del dir. Merlini dell’ospedale della Carità di Locarno in una recente dichiarazione al Quotidiano sulla RSI. Non sarà una lotta breve ma una lunga maratona che in quanto tale metterà a dura prova la resistenza di tutti, ma soprattutto del personale sanitario.

Oggi il tempo non è più nelle nostre mani. Perché non sappiamo quando finirà il tutto. Potranno essere due mesi o forse tre, ma anche di più.  Di certo non sarà una cosa immediata. Anche a questa nuova percezione del tempo non siamo immunizzati, esattamente come non lo siamo rispetto a questo virus.

Ma allora visto che certamente sarà una maratona, come gente abituata alle gare di resistenza non possiamo dare qualche suggerimento? Lo sport non può servire attraverso qualche piccolo spunto per aiutare tutti quanti a resistere meglio? Perché di resistenza qui si tratta e si tratterà sempre di più. Ma anche di gestione delle forze e di un atteggiamento mentale forte.

Qualità che dovrebbe avere, appunto, un sportivo in generale e soprattutto un maratoneta. Gestione delle energie, anzitutto. Significa non strafare, mai oltrepassare i propri limiti e le proprie capacità di resistenza. Avere una condotta attenta ma calibrata, mai oltre misura. Nella maratona si sa esattamente: che si va oltre una certa intensità dello sforzo quasi certamente “salterà” forse proprio al famigerato “muro” dei 30 km.

Significa dunque capire, per chi oggi opera in prima linea negli ospedali e nei servizi essenziali, ma anche per tutti quanti noi che siamo confrontati a una nuova situazione esistenziale, se in qualche modo si sta esagerando mettendo troppo sotto pressione il nostro fisico come la nostra mente. Il troppo nello sport, come in tutti i contesti della vita, può essere pericoloso. Il controllo dovrebbe essere fatto dalla persona stessa ma anche dai colleghi e dai responsabili.

È anche necessario recuperare gli sforzi. È inutile voler fare gli eroi. Si può resistere per un po’ ai livelli più stressanti ma poi si pagano quasi sempre le conseguenze. In maniera spesso pesante. È una legge fondamentale anche per chi fa sport e per ogni maratoneta.

Quindi il primo lavoro deve essere fatto su se stessi. Concedersi dei time out per capire qual è il proprio grado di affaticamento, la propria condizione psicofisica. L’organizzazione e la gestione delle incombenze sono anche fondamentali: non ci deve essere dispersione di energia. Come pure la motivazione: bisogna sostenersi l’uno con l’altro sapendo che in questo momento si sta facendo qualcosa di importante.

Poi è necessario avere un atteggiamento positivo: visualizzare il percorso di ogni giornata in maniera che se ne veda il progresso, il miglioramento. Da ultimo, immaginare le situazioni che possono creare difficoltà: una particolare procedura, un’incombenza, il rapporto con qualcuno. E cercare di risolverle al meglio.

LA PAROLA CHIAVE È DUNQUE “RESILIENZA”.

Quella forza interiore che si sviluppa praticando sport, quella capacità di superare i limiti della fatica, di tenere duro per arrivare al traguardo raggiungendo talvolta, contro ogni previsione, obiettivi insperati e risultati impensati.

Una forza che è tempo di applicarla ora a questa incredibile quotidianità che ci viene indicata, per superare i grandi sacrifici ai quali tutti siamo chiamati.

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Progettati per muoversi, oggi su “ExtraSette”

PROGETTATI PER MUOVERSI, OGGI SU EXTRASETTE

Contrariamente a quanto si può pensare l’uomo è fatto più per muoversi che per stare fermo. Ce lo insegna la nostra evoluzione di primati che per milioni di anni ci ha visto molto attivi fisicamente, se non lo fossimo stati probabilmente ci saremmo già estinti da un pezzo. Questo significa però una cosa: che se non ci muoviamo come madre natura vorrebbe immancabilmente andremmo in contro a parecchi problemi… avete presente i famosi acciacchi? Ecco, di questo parlo oggi su “ExtraSette” che trovate allegato al “Corriere del Ticino”. Buona lettura!

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Lugano: stop ai “gladiatori” della bicicletta

In questi giorni si è discusso parecchio sul “giro di vite” della Città di Lugano riguardo i ciclisti che viaggiano sui marciapiedi e nelle zone pedonali.

Il mio parere è che lo trovo giusto e sensato. Non è un attacco ai ciclisti, come qualcuno vorrebbe far credere. È un freno (scusate) ai “gladiatori” che vanno in bicicletta.

Mi capita spesso di trovarmi nelle vie cittadine, lungo i marciapiedi e nella zona del Parco Ciani. Ora, quante volte ho visto con i miei occhi dei veri incauti sfrecciare anche a 30 km/h (anche in e-bike) zigzagando tra pedoni che passeggiano tranquillamente, tra cui molti bambini e anziani?

Correndo un rischio enorme di cui probabilmente, questi che eufemisticamente chiamo “gladiatori”, nemmeno si rendono conto. Fortunatamente, è giusto dirlo, non per tutti è così: molti ciclisti si spostano a velocità moderata prestando attenzione agli altri.

Tuttavia, sempre di recente, mi è capitato di constatare un’analoga situazione “a forte rischio” sulla pedonale che costeggia il lago a Rivapiana a Minusio e dove tra l’altro un cartello indica, per le biciclette, una velocità di 5 km/h.

In quella circostanza sono stato superato, sui tre chilometri circa di tratta, da almeno una ventina di ciclisti che procedevano, anche in gruppo, a velocità sostenute come se si trovassero su una strada normale…

Il problema è il solito ed è una questione di educazione e buonsenso, che non vengono regalati col solo fatto di mettersi in sella ad una bicicletta. Vero, c’è anche il problema ormai noto e sempre più grave e pressante della mancanza di piste ciclabili in Ticino.

Un settore in cui in tanti anni si sono fatti pochissimi progressi: rispetto al resto della Svizzera accusiamo ritardi semplicemente biblici. Questa situazione, lo capisco per primo, può innervosire e fare anche un po’ arrabbiare.

Così come forse presenta qualche contraddizione la messa a disposizione del “bike sharing” in Città, quando di fatto mancano gli spazi adeguati per muoversi in sicurezza e con agio lungo le strade cittadine.

Ma questo non giustifica a mio avviso che per “rabbia” di debbano invadere gli spazi che per primi spettano ad altri e che hanno diritto di usufruirne in tutta sicurezza.

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Anche il tempo richiede qualità, oggi su “ExtraSette”

Oggi su “ExtraSette” affronto il tema dello sport da un’ottica particolare. Mi chiedo, cioè, come deve essere concepito affinché risulti veramente un veicolo di libertà e benessere. Me lo chiedo perché evidentemente penso che a volte non lo sia, ovvero non sia inteso con queste finalità: soprattutto quando si spinge troppo in certi ambiti, eccessiva competizione, esasperazione, che ne alterano il significato. Mi riferisco all’ambiente amatoriale, ovviamente. Insomma, un discorso forse un po’ “complicato” che però diventa chiarissimo se leggete il mio contributo su “ExtraSette”.

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“Donne e sport: binomio vincente”, oggi su “ExtraSette”

Donne e sport: binomio vincente

“Se c’è un dato inconfutabile è la crescita di donne attive in ambito sportivo, il cui numero è aumentato in maniera significativa in questi ultimi anni. Basta guardarsi attorno: la presenza di donne che corrono o pedalano, che nuotano o frequentano delle palestre e dei centri fitness o praticano altri sport è sempre più numerosa…”

Oggi su “ExtraSette” (supplemento del venerdì del “Corriere”) parlo del numero sempre crescente di donne attive in uno sport. In Svizzera la percentuale è ormai vicina a quella degli uomini. Una conferma anche dall’alto numero di partecipanti alla Ladies Run di domenica scorsa a Lugano. Buona lettura!

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Lo sport è amore per la vita

“Poi ti svegli
e senti certe notizie
…ancora…
e ti chiedi perché
e non trovi risposte
vedi solo tanto odio.”

Ieri Londra, il 22 maggio Manchester, il 7 aprile Stoccolma… Da inizio 2017 sono già 5 gli attentati che hanno scosso il mondo. Lo scorso anno sono stati ben 15.

Nei miei ricordi soprattutto la strage di Nizza del 14 luglio dello scorso anno su quella “Promenade des Anglais” che a me, come a tanti altri, ha lasciato in passato in occasione di svariati soggiorni di vacanza, indimenticabili e splendidi ricordi… Ma anche la Maratona di Londra che ho fatto nel 1997 e che passa proprio nei pressi del bellissimo London Bridge dove ieri è stata compiuta la strage.

Sembra che non ci sia fine al male… ma occorre reagire. Io tornerò a Nizza sulla “Promenade” il 23 luglio per l’Ironman. Per affermare la bellezza dell’esistenza attraverso un evento sportivo; perché la vita, in tutte le sue forme, non sia mai offesa… perché anche lo sport è amore per la vita, volontà di essere e desiderio di esistere…

Leggi anche: L’Ironman per tornare a vivere

Foto: Getty Images

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