
“Mancano piste e buonsenso” l’opinione di Nicola Pfund
Su settimanale “Il Caffè” di domenica 15 ottobre 2017 è apparso un interessante contributo dedicato alla “mobilità dolce”. In particolare l’attenzione è stata rivolta all’uso della bicicletta e alle sue problematiche che si possono vedere in Ticino.
Da noi la sensibilità verso l’uso della bicicletta, soprattutto nei centri urbani come Lugano, ma non solo, non è molto sviluppata. Ne consegue che il ciclista si trova spesso in situazioni di oggettivo pericolo.
Una problematica che tocca soprattutto i “neociclisti” ovvero coloro che decidono di inforcare una bicicletta magari avendo già una certa età e dopo anni che non veniva utilizzata, in particolare attratti dalla praticità e comodità delle e-bike.
Insomma, sembra che di questi tempi non passa giorno senza che si parli di qualcosa che concerne la bicicletta e il suo utilizzo in Ticino. Penso che in parte sia anche da ascrivere, e lo dico senza falsa modestia, al successo del mio volume In bicicletta su e giù per il Ticino, ancora oggi, quindi ad Autunno inoltrato, tra i più venduti in Ticino ma anche nella vicina Italia.
Nell’articolo del “Caffè” sono stato intervistato anch’io e quindi potete trovate anche alcune mie impressioni sull’uso e le difficoltà che incontrano i ciclisti in particolare nelle zone cittadine. A questo proposito devo fare un plauso alla redattrice per la fedeltà con cui ha riportato le mie affermazioni date per telefono.
Unico aspetto da sottolineare… la foto che mi ritrae fedelmente sì, ma come ero qualche anno fa, sicuramente molto più giovane di come sono oggi… ma in fondo va bene così 🙂
Link al libro: http://nicolapfund.ch/portfolio/in-bicicletta-su-e-giu-per-il-ticino/

“In sella e in salita”, Nicola Pfund su Cooperazione
Questa settimana su Cooperazione un bel reportage su di me e il mio ultimo libro In bicicletta su e giù per il Ticino. Con la redattrice Raffaela Brignoni abbiamo percorso insieme un itinerario descritto nel volume, quello che da Biasca porta ad Aquila in Val di Blenio e ritorna di nuovo a Biasca.
Ne è uscito questo bel pezzo molto fedele all’esperienza vissuta tre settimane fa circa in Val di Blenio, in compagnia anche del bravo fotografo locarnese Massimo Pedrazzini che mi ha “immortalato” nelle immagini che potete vedere dell’articolo.
Buona lettura!
PS: Per leggere con calma fate click sull’immagine e poi ingrandite 🙂

«Le pedalate, iniezioni di buonumore», con Nicola Pfund
Ripropongo di seguito una bella intervista che feci nel 2012 per il settimanale Cooperazione, in occasione dell’uscita del libro “Sui passi in bicicletta” (Fontana Edizioni). Lo faccio anche in ricordo di un bel pomeriggio passato insieme alla brava redattrice Raffaela Brignoni al “mitico” Tea Room Beffa di Airolo.
LE PEDALATE, INIEZIONI DI BUONUMORE
Nicola Pfund, è insegnante e ciclista appassionato. Ha scalato più volte i principali passi elvetici e recentemente ha pubblicato un libro.
Lo incontro nello storico tea-room Beffa di Airolo. Sta conversando con un anziano signore del paese, appassionato anche lui di bicicletta. «È lui che mi ha raccontato che ogni tornante della Tremola porta un nome» mi spiega Nicola Pfund, in maglietta e pantaloncini, sfoggiando una bella abbronzatura. Nicola è insegnante di cultura generale. Dopo qualche giorno in Costa Azzurra, è venuto a prendere dimora nella sua residenza estiva. «Ho fatto la mia “transumanza” annuale ieri, da Breganzona a Prato Leventina». Una sorta di rituale che svolge in bicicletta. «Mah, ci avrò messo un po’ meno di tre ore. Non ne tengo più conto, non è come le prime volte quando, da buon sportivo, ero più attento ai tempi di percorrenza. Vedi? Non porto nemmeno l’orologio!» dice sorridendo Nicola. Se lo prendi per un pazzo della bicicletta, lui ti fa sentire un pazzo di pigrizia: «È chiaro, ci vuole un po’ di preparazione, ma tutti ce la possono fare. Con la bicicletta è come con l’appetito. Vien mangiando». Te lo dice con una leggerezza tale da credere di poter affrontare anche tu la Tremola, chiamando ogni tornante con il proprio nome, dopo qualche settimana di allenamento. Nicola macina chilometri in sella alla sua bicicletta.
La Svizzera la percorre in lungo e in largo da oltre 20 anni, cimentandosi spesso anche sui passi, alcuni scalati anche più volte. Ma macina anche libri per documentarsi sulla storia dei luoghi che visita. «La Svizzera è una vera e propria goduria per chi ama pedalare. Le strade sono in buone condizioni, ci sono molti passi e, con il ritmo della pedalata, ti prendi anche il tempo di guardarti attorno e vedi un sacco di cose cui non fai caso quando viaggi in auto». E queste esperienze, Nicola le racconta nel libro che ha pubblicato in maggio. «Ci ho messo tre anni a scriverlo. Ho anche scattato quasi tutte le foto che vi sono all’interno, è un lavoro che prende tempo. Devi cercare la giornata giusta e trovarti nel punto migliore per scattare una bella foto», spiega sfogliando il libro che conosce a menadito, come le strade che ha percorso per scriverlo.
Nonostante l’indubbia onestà con cui Nicola parla del piacere che si prova a pedalare in salita per decine di chilometri («le pedalate sono iniezioni di buonumore e benessere»), non si può non chiedersi da dove gli sia venuta questa passione per la bicicletta. «Mio nonno, negli anni Venti, è stato buon dilettante, ha vinto numerose gare anche a livello nazionale. Mi ricordo che da piccolo aggiustavamo insieme le biciclette. Ma da giovane ero attirato più dallo sport praticato come gioco. Ho iniziato con il basket. Solo più tardi ho cominciato le attività di resistenza. Sono stato tra i primi a praticare il triathlon in Ticino e ho sempre fatto bicicletta. In estate pedalo quasi tutti i giorni, ma comunque continuo sia con la corsa sia con il nuoto. Non faccio sport spinto dalla voglia di superare dei record. Lo sport per me è la soddisfazione di arrivare in cima ad un passo, di aver acquisito la capacità – la resistenza e la forza fisica e mentale – per farlo. Andare in bicicletta è anche un mezzo per conoscermi meglio. Lontano dai piccoli problemi della vita quotidiana, mi ricentro su me stesso: è una forma di meditazione. Non ho bisogno di andare in Tibet per questo. E poi, percorrendo più volte i passi, inizi a conoscerli.
Ognuno ha una sua personalità e ogni volta che lo affronti, scopri cose nuove, e la tua conoscenza si fa più ricca di sfumature. Quando salgo il Gottardo e mi avvicino alla vetta, sento dei sibili, come dei sussurri. È il vento, ma per me è come se fossero le voci di tutti quelli che nel passato hanno attraversato questo passo, anche in condizioni avverse. È incredibile pensare a tutti i destini che sono passati di qui: imperatori, papi, re, eserciti, emigranti, gli operai stessi che hanno costruito la strada. Nella fretta di tutti i giorni ci dimentichiamo di queste cose».
Pesa bene le parole Nicola, lo si immagina concentrato e assorto nel paesaggio, attento all’eco del passato, ma è anche una persona estremamente socievole e il ciclismo non è forse uno sport per lupi solitari? «No, a furia di fare i passi poi conosci gente. Ci sono altri appassionati della bicicletta che ho conosciuto sulla strada, abbiamo mantenuto i contatti e succede che ci mettiamo d’accordo per fare un’escursione insieme. Una volta, salendo la Tremola, ho conosciuto un giovane cicloturista tedesco. Era andato fino a Roma e stava tornando a casa.
Pedalando abbiamo avuto una bellissima conversazione: quando pedali, i contatti che crei sono più sinceri, più autentici. Inoltre, la bicicletta è un eccellente passe-partout: ovunque tu ti presenti in bicicletta sei il benvenuto. Capita, girando nel nostro paese, che una contadina ti offra del latte appena munto, che la gente ti accolga a braccia aperte». Le parole di Nicola, suonano come un invito a inforcare la bici e fare un tour de Suisse, alla scoperta di paesaggi, di persone e della nostra storia. O di provarci almeno, senza timore di prestazioni o di risultati, ma giusto per lo sfizio di sapere fin dove ci possono portare le gambe, letteralmente, passo dopo passo, tappa dopo tappa.
Fonte: Cooperazione, N. 30 del 24 luglio 2012, pp. 78-79
Testo: Raffaela Brignoni
Foto: Massimo Pedrazzini

Perché il Ticino è “terra di ciclismo”?
Ticino, terra di ciclismo. Tra gli anni ’70 e ’80 in Ticino si afferma uno slogan legato a un fortunato manifesto. È quello di “Ticino, terra di artisti” che segna una svolta nell’offerta turistica, non più limitata al patrimonio paesaggistico, climatico e folcloristico, ma anche alla forza artistica e culturale così importante e presente da secoli in queste terre, soprattutto tra il 1500 e il 1800.
Uno slogan ripreso qualche anno dopo con il grande sviluppo del ciclismo amatoriale e i due Campionati del mondo organizzati a Lugano nel 1996 e a Mendrisio nel 2009. Slogan che è divenuto “Ticino, terra di ciclismo”. Una denominazione quanto mai azzeccata e che viene confermata dall’enorme diffusione della bicicletta su tutto il territorio, che si presta in maniera magnifica ad essere percorso e conosciuto dal sellino, appunto, di una bicicletta.
Così come ho potuto confermare anche con la pubblicazione del mio ultimo libro intitolato “In bicicletta su e giù per il Ticino” (Fontana Edizioni), libro che sta riscuotendo un successo davvero importante, successo che in parte però, devo ammetterlo, non mi sorprende e non mi giunge inaspettato. Questo proprio perché il Ticino, oggi, è quanto mai e indubbiamente “terra di ciclismo”!
Il Ticino: un paesaggio da scoprire
Il Ticino colpisce soprattutto per la sua varietà. A cominciare dalla natura che si manifesta con accenti molto diversi a seconda dei luoghi e delle regioni cambiando anche nel corso delle stagioni. E poi quel territorio ricco di tesori e di sorprese che si offrono al visitatore attento e curioso. Quanti percorsi e fatiche riconoscibili! Quali mescolanze di segni, morfologie, luoghi! Antiche abitazioni e moderni palazzi, stradine di campagna e autostrade, grandi opere di ingegneria, dighe e viadotti, porzioni di campagna una volta coltivate, terrazzamenti e muri a secco, antiche chiese e belle cappelle, vecchie rovine di torri e castelli… Un territorio variegato, un incontro di emozioni e di cose, un piacevole turbamento della scoperta. E poi quell’aria che odora di sud e quella luce particolare… Nel Ticino, lo splendore pieno della luce e i colori propri del mediterraneo non bagnano ancora, è vero, il paesaggio, ma l’atmosfera già lentamente si impregna di questi presagi. A sud dell’arco alpino, l’azzurro del cielo è più intenso che sul versante settentrionale. Il sole brilla più chiaro.
Tre sono i doni che la natura ha elargito in maniera generosa al Ticino: il sole, l’acqua e la pietra. Poche regioni della Svizzera vantano tante ore di sole come il Ticino che gode di un clima molto mite. Per le sue caratteristiche morfologiche, per la sua posizione ma anche per la sua storia, il territorio offre quindi continue sorprese a chi lo attraversa e la bicicletta rappresenta indubbiamente un mezzo ideale per apprezzarne le qualità.


L’anima di un paese piccolo ma variato
Apriamo una cartina del Ticino, magari una di quelle vecchie mappe in cui le divisioni e i tratti sono molto marcati ed evidenziati. Dove si trova, ad esempio, la Valle di Muggio? Eccola tutto in fondo, sulla destra. E la Valle Verzasca? La vediamo quasi nel cuore del Cantone, disegna una curva leggermente piegata sulla sinistra con il fiume che sfocia, in alto, nel Verbano. Fino alla metà dell’800 ogni distretto o vallata del Ticino era un mondo a sé. Addirittura ciascun villaggio era considerato una piccola “patria”. Ogni luogo aveva insomma una sua anima e delle caratteristiche specifiche, legate anche al territorio e alle risorse disponibili. In comune, tra di loro, oltre alla lingua e alla religione, solo una diffusa povertà e la necessità, quindi, di emigrare. Vi è dunque da supporre che tra gli abitanti della Valle di Muggio e quelli della Verzasca, per riprendere i luoghi citati poc’anzi, due secoli fa ma anche per parecchio tempo ancora, le possibilità di scambio e contatto fossero pochissime per non dire nulle. Un cronista dell’epoca, il padre benedettino Paolo Ghiringhelli, in un suo scritto sul Ticino di allora ha parlato addirittura di “specie diverse di popolazione […], l’un l’altre straniere come Romani, Milanesi e Piemontesi”. Una situazione che ben ci spiega come non sia stato facile trovare un’unità e a considerare all’inizio il Ticino una “patria comune”. Queste specificità tra regione e regione si sono certo smussate con il tempo, ma non sono sparite del tutto: ancora oggi, infatti, sono sempre rintracciabili i retaggi del passato, riconoscibili nei caratteri di ciascun luogo.
Un fazzoletto di terra che si apre verso sud
Torniamo alla nostra cartina. Guardiamo ora verso l’alto. Sono tre le porte principali per le quali si entra, per chi viene da Nord: il passo del San Gottardo (o la sua galleria), il passo del Lucomagno e quello del San Bernardino (pure in galleria), la cui strada scende lungo la Mesolcina e arriva alle porte di Bellinzona, dove giunge anche quella che scende dagli altri due passi. Un’altra porta è quella del passo della Novena che dall’alto Vallese porta in Valle Bedretto. La regione che si estende su 2811 chilometri quadrati si trova completamente a meridione delle alpi. Tutte le vie d’accesso dal nord superano la barriera naturale dell’arco alpino che in questo tratto annovera numerose vette oltre i tremila metri. Nessun altro cantone della Svizzera è così nettamente separato dal territorio nazionale al quale sembra voltare la schiena, anche se i trafori ferroviari e le gallerie autostradali costruite nel recente passato, tra cui naturalmente l’opera maggiore di AlpTtransit, danno oggi una sensazione, anche piuttosto netta, di minore isolamento dal resto del paese. La regione è invece aperta verso sud; da quella parte le porte d’entrata sono infatti numerosissime e comode. Man mano che da nord si scende verso sud le montagne cambiano caratteristiche e aspetto, passando da quelle maestose e imponenti dell’arco alpino, in qualche caso incappucciate da macchie bianche di neve eterna, a quelle più dolci della regione meridionale.


Dalle alte cime alle rive soleggiate
È un dato che può sorprendere, a cui spesso viene data poca attenzione, ma che corrisponde alla verità: su un tratto di appena 91 chilometri tra il passo della Novena e la piana di Magadino il corso del Ticino supera un dislivello di ben 2276 metri! Le Alpi calano quindi verso la pianura lombarda con una ripidezza senza pari. Al limite di quella pianura, i due laghi ticinesi, il Lago Maggiore e il Lago di Lugano. La ripidezza del pendio accresce ovviamente la velocità dei corsi d’acqua. La pendenza delle montagne non ne consentono il lento fluire. Così il fondovalle si approfondisce sempre più mentre i fianchi quasi a picco balzano sempre più alti. Poco rimane per le superfici pianeggianti. Se il volto del Ticino è segnato da tale asperità, questa non è tuttavia omogenea e si esprime attraverso mille sfumature. Il paesaggio muta quasi di continuo da valle a valle, quanto più meridionale si fa la latitudine.
Le grandi trasformazioni del recente passato
Oltre al paesaggio, così differente tra regione e regione, il Ticino è un territorio in cui l’opera e la presenza dell’uomo hanno inciso pesantemente, soprattutto negli ultimi decenni, contribuendo al quadro generale ancora più complessità. Se osserviamo le vecchie stampe o alcune immagini di 50-70 anni fa che ritraggono taluni angoli del Ticino, in parecchi casi facciamo fatica a riconoscere dove si trovano. Certi luoghi, sulla spinta della modernizzazione, hanno subito profondi cambiamenti, non sempre, occorre ammetterlo, positivi. Soprattutto nelle zone sui fondovalle attorno ai grossi agglomerati i cambiamenti sono stati radicali e in diversi casi prevale un senso di confusione e di approssimazione. Ma anche in certe valli, come ad esempio nella Leventina, le trasformazioni sono state profonde in particolare per ciò che riguarda gli impianti idrici, quelli militari e naturalmente le vie di comunicazione. Se si leggono i resoconti dei viaggiatori che hanno attraversato le nostre terre in passato, non sono rari i casi in cui vi erano delle vere e proprie manifestazioni di meraviglia all’apparizione di certi luoghi: “Che bello! Che splendore!”, si sente ripetere da molti viandanti quando, dall’alto, vedevano ad esempio per la prima volta l’antica borgata di Lugano. E così per molti altri posti. Oggi tutto è diverso: ci si sposta in treno o in auto, si attraversano quartieri periferici e zone industriali, nessuna meraviglia ci sorprende più, il vecchio e il nuovo ormai confusi, i centri storici soffocati dall’assiduo proliferare delle costruzioni che dilagano ovunque e fittamente vestono quelle che un tempo erano delle verdi e lussureggianti campagne. Il Ticino offre un paesaggio in cui si possono riconoscere molte trasformazioni. Strade, ferrovie, nuove costruzioni hanno trasformato il territorio. Osservando certe zone si possono individuare molti interventi che si sovrappongono: il nucleo vecchio stretto attorno campanile, forse ancora qualche casa in sasso, la zona industriale, quella residenziale, il quartiere popolare… In qualche caso l’integrazione tra vecchio e nuovo ha prodotto risultati assai deludenti, in altri l’antico e il moderno appaiono invece felicemente e singolarmente commisti, così che l’occhio del turista o del viandante ne risulta felicemente appagato, quando non addirittura incuriosito.
Tante ricchezze e meraviglie da scoprire
Resta vero, come sostengono in tanti, che per apprezzare certi luoghi oggi occorre forse vederli un po’ da… lontano. Meglio: da un posizione sopraelevata. Se si sale su qualche montagna e si osserva lo scenario che offrono certe nostre regioni, c’è infatti ancora modo di ritrovare la meraviglia dei viaggiatori del passato. Moltissimi luoghi del Ticino offrono questa possibilità. Si trovano in alto, sulle montagne appunto, in quegli innumerevoli punti panoramici a disposizione di ognuno, quasi sempre raggiungibili attraverso una strada. Guardano verso i fondovalle, verso la pianura e i laghi, verso le città. Arrivarci in bicicletta non fa che amplificarne l’effetto. Si lascia il frastuono del traffico cittadino e della periferia per innalzarsi piano piano, e piano piano lo scenario naturale riprende il sopravvento.
Da lassù si può osservare il territorio, vederne le caratteristiche, coglierne le trasformazioni. Immaginarne magari un cambiamento, un futuro migliore. Il paesaggio è un libro da leggere e la bicicletta in qualche modo ne favorisce e ne esalta l’approccio e la comprensione. Il Ticino, poi, come visto, offre una varietà che non ha uguali. Per il ciclista curioso tutto ciò è il massimo, perché al piacere dello sforzo e della conquista si unisce quello dell’interesse per una piccola ricerca antropologica e storico-geografica.


Con il giusto approccio e… ben documentati
Certo, perché tutto ciò avvenga bisogna avere il giusto approccio, essere disposti a leggere il paesaggio con occhi nuovi, più aperti e disponibili. Guardare oltre il superficiale, cosa non sempre evidente oggi perché le abitudini sono altre. A scuola dovrebbe esserci una materia (ma forse c’è già e dovrebbe solo essere potenziata) che insegna a leggere il paesaggio, le sue differenze. Prima dai libri e poi sul terreno, dal vivo. In entrambi i casi i “supporti” non mancano. Pensiamo anche ai libri, alla documentazione. Ogni parte del Ticino, sia il cantone nel suo insieme, la sua storia, come quella di ciascun comune o regione, ma anche singoli elementi come le fontane, i ponti, i campanili e quant’altro sono stati scandagliati, recensiti, catalogati. E questi libri, sempre molto belli, si trovano negli archivi e nelle biblioteche, sono a disposizione del lettore curioso che desidera conoscere e andare oltre il già noto e l’apparenza. Quindi prima di tutto leggiamo e documentiamoci. Ma poi non dimentichiamo che per imparare veramente bisogna uscire, immergersi in questo paesaggio, diventare un tutt’uno con esso, sentirne l’odore, vederne i colori, respirane l’anima. In una parola: mettersi in cammino o inforcare una bicicletta…
Una tranquilla “immersione” nell’ambiente
C’è un’immagine che ci piace ed è questa: pedalare è un po’ come nuotare. Il ciclista penetra nella natura come il nuotatore nell’acqua. Con la bicicletta si viaggia in presa diretta con l’ambiente, “nudi” in mezzo all’aria, alla luce, al canto degli uccelli, allo scroscio dei torrenti. Ci si bagna di ciò che ci sta attorno. Soprattutto, se si ha la fortuna di pedalare (cosa non sempre evidente!) in luoghi silenziosi dove si sente solo il leggero fruscio delle ruote sull’asfalto, a volte sembra che si verifica una sorta di unione mistica con lo spirito della natura e del luogo che si attraversa. Pedaliamo però non con l’idea di fare una performance o nell’ansia del risultato. Ma per essere parte dell’ambiente, in definitiva mostrandogli il giusto rispetto. Quindi con un passo di media intensità, senza cioè l’affanno tipico di chi vuole competere, non importa se con gli altri o con se stesso (ma per raggiungere questo livello sarà comunque necessaria una certa preparazione fisica), così da esplicitare un vero e proprio piacere sinestetico, capace di coinvolgere appunto tutti i sensi, dalla vista all’olfatto, dal gusto al tatto e all’udito.
Fare una salita percorrendo i vari tornanti è un po’ simile al percorso che fa la nostra coscienza nel prendere consapevolezza. Osserva qualcosa, riflette su di essa e la percepisce in maniera sempre più chiara e consapevole, man mano che si superano i risvolti della salita che ci ricordano quelli della vita. La salita diventa quindi un viaggio dentro il paesaggio e noi stessi. Un viaggio che può trasformarci, anche impercettibilmente. E dopo la salita, si sa, c’è sempre una discesa, un tornare a casa…
La bicicletta, mezzo ideale per conoscere una regione
Usciamo dunque dalla città e diamo la possibilità al nostro sguardo di muoversi liberamente, di farlo respirare in un’aria non più malata. Il Ticino, questa opportunità, ce la offre in ogni momento come su un piatto d’argento, è un libro sempre aperto da leggere, un paesaggio disponibile da scoprire. È uno sterminato deposito di bellezze naturali e di memoria storica. Anche per chi ci è nato e ci vive da anni, cela molte e insospettate sorprese. Bisogna solo osservarlo con occhi diversi. Questo sì. Perché il paesaggio che offre il Ticino è davvero un’avventura dove il piacere di viaggiare e di guardare non si esaurisce mai ma si rinnova sempre.
Per chi viene in Ticino il consiglio è quello di scoprirlo piano piano, regione per regione. Fermarsi, pernottare e poi affrontare le salite descritte in questo libro. Magari solo alcune, per tornare in un altro momento e salire sulle altre. Osservarne le caratteristiche di ognuna e poi farsene un quadro complessivo è il modo migliore per ricavarne un ricordo profondo e durevole. Bello sarebbe venire in gruppo o con la famiglia e pernottare per una settimana, magari cambiando albergo a seconda delle regioni. Il Ticino offre una varietà di alberghi di cui c’è solo l’imbarazzo della scelta, da quelli di gran lusso in riva ai laghi a quelli più caratteristici delle valli.

Occhi nuovi per nuove emozioni
Per chi, come noi, invece qui ci vive il consiglio è quello, come detto, di conoscerlo con occhi nuovi. Riscoprirne le bellezze. I monti, i laghi, le valli selvagge, i fiumi color smeraldo, le chiese, le opere d’arte, i roccoli, i grotti freschi e ombrosi. Questi nostri paesaggi sono belli e l’anima ha sempre bisogno di bellezza. Ma noi a volte la cerchiamo chissà dove e in questo “chissà dove” magari non la troviamo neppure. Dimenticandoci che potremmo trovarla anche qui, a due passi (meglio: due colpi di pedale…) da casa. Proviamo allora a cambiare il modo di procedere, che è poi un modo di pensare. Non quello dettato dall’utilità, dalla convenienza o da qualche moda passeggera. Ma dall’amore. È col cuore e con un sentimento aperto che dobbiamo ripercorrere questi ambienti che ci accolgono. Solo così assumeranno per noi un nuovo valore, solo così ci aiuteranno forse anche a capire un po’ meglio chi siamo.
Foto: copyright © Nicola Pfund

La chiesetta di Catto in Leventina
VOGLIA DI PAESAGGIO
Arriva un momento in cui cresce quella che chiamo “voglia di paesaggio”, di luoghi e di natura incontaminati su cui riposare la vista. Ci penso rientrando a casa mentre osservo le rotonde maternità del Monte Bar e del Caval Drossa davanti a me. Ebbene si, quando la bella stagione si avvicina, come ora, comincio a sognare le montagne… Per me la loro bellezza è medicina, nutre la fame di senso di giorni che a volte faticano a trovarne. Alle montagne devo molto, soprattutto quelle della Leventina che ho percorso tantissime volte in bicicletta. A loro sono quindi immensamente grato per tutto quello che mi hanno dato… così come ho scritto una volta di ritorno da una gita a Catto, appunto, in Val Leventina.
“Eccomi seduto sul muricciolo della chiesetta di Catto. Sono giunto quassù in bicicletta, salendo da Varenzo e poi da Deggio, dove la strada attraversa prati verdissimi e profumati. Il panorama, da questa posizione, è di quelli che lasciano senza fiato. Al di là del profondo si distende l’Alta Leventina fino al massiccio del Gottardo con ancora qualche lingua di neve. È estate, da settentrione soffia una piacevole brezza. Ho di questa regione tanti ricordi, punteggiature della mia lunga vita attiva di sportivo errante. Ricordi di belle salite in bicicletta durante i mesi estivi, di passeggiate a piedi, ricordi di inebrianti volate sugli sci d’inverno. Ricordi di verdi prati e cieli stellati nelle notti di ferragosto, di care persone e amici che non ci sono più. Vivo intensamente questo momento. Forse non tornerò mai più qui, o magari ci tornerò solo poche volte ancora, ma non importa: questi luoghi e queste montagne mi hanno dato tutto quanto potevano e ne sono loro immensamente grato…”.
Foto: Veduta sull’Alta Leventina dalla chiesa di Catto (©N. Pfund)

Una gita al “casolare di Serpiano”
UNA GITA IN BICI AL “CASOLARE DI SERPIANO”
È una delle più belle e imperdibili salite in bicicletta del Ticino. Non fosse che per il punto d’arrivo, quel “casolare di Serpiano”, come l’ha chiamato il naturalista Luigi Lavizzari, che offre una delle viste più splendide sul lago di Lugano. Chi c’è già stato? L’ascesa che da Rancate porta a Serpiano misura 8,9 km e tocca i pittoreschi villaggi di Besazio, Arzo e Meride, immergendoci nella pace agreste del bel Mendrisiotto che si trova sul confine con l’Italia. Un’ascesa che è tra quelle descritte nel volume in uscita a metà maggio sulle più belle salite del Ticino e che presenterà diversi aneddoti e informazioni interessanti che ci faranno scoprire, con l’aiuto anche di splendide fotografie, dei luoghi e delle storie del bel Ticino davvero particolari. Luoghi che acquistano ancora maggiore fascino se vengono percorsi al ritmo lento della pedalata. Lo sapevate ad esempio che il Monte San Giorgio, su cui appunto si svolge questo itinerario, è stato decretato per i suoi reperti fossili, Patrimonio Unesco nel 2003?
In bicicletta su e giù per il Ticino, Fontana Edizioni, 2017
Photo: veduta dal “casolare” di Serpiano in una giornata di bel tempo (© N. Pfund)

Ticino, terra di ciclismo e sport
Me ne sono reso conto scrivendo il mio ultimo libro (vedi scheda qui sotto) dedicato alle più belle salite della regione in uscita per i tipi della Fontana Edizioni tra un paio di settimane: il Ticino è un luogo ideale per la pratica dello sport all’aria aperta. Non penso solo alla bicicletta, ma a ogni attività a contatto con la natura.
Il Ticino, oltre a godere di un clima favorevole, offre una varietà paesaggistica semplicemente straordinaria e probabilmente unica. Su circa cento chilometri si passa dai duecento ai tremila metri, dalle zone lacustri a quelle tipicamente alpine, dalle dolci rive dei laghi ai panorami sublimi dei passi. Non solo: ogni regione del cantone si caratterizza per degli aspetti culturali e paesaggistici che gli sono propri, offrendo dei gioielli sia naturalistici che storici e culturali di grandissimo rilievo.
Una vacanza in qualsiasi regione del cantone non è solo ozio e divertimento, ma anche arricchimento culturale e continua fonte di meraviglia e sorpresa! Soprattutto se ci si muove in bicicletta! Basta dare un’occhiata a questa Guida che ho appena concluso (e che sarà disponibile in tutte le maggiori librerie a metà maggio) sulle più belle salite del Ticino, gustare anche soltanto le fotografie, per rendersene conto.
Malgrado questi indubbi atout, il turismo sportivo in Ticino è però a mio parere ancora poco sviluppato. Qualcosa c’è e si fa, questo è vero, ma è ancora poco se si considerano le sue grandi potenzialità. Prendendo il cicloturismo o il triathlon, gli itinerari per gli allenamenti, le infrastrutture (piscine, piste di atletica, ecc.), l’offerta gastronomica e culturale, la rete alberghiera in un contesto di sicurezza tipicamente svizzero, sono semplicemente ideali per la pratica di questi sport.
Bisogna solo crederci e valorizzarli maggiormente, nei centri come nelle valli, anche verso l’esterno. Chissà, forse il non facile momento indurrà gli operatori turistici a considerare in futuro maggiormente anche questo settore. Questo, perlomeno, è il mio augurio.
In bicicletta su e giù per il Ticino, Fontana Edizioni, 2017
IN BICICLETTA SU E GIÙ PER IL TICINO
“Il Ticino presenta notevoli spunti di interesse per il cicloturista, non solo per il clima mite e la varietà del suo territorio ma anche per la ricchezza della sua storia che interessa ogni luogo, ogni valle, ogni cosa.”
Il libro contiene la descrizione di 26 salite del Cantone Ticino e del Moesano, dai passi alpini fino alla regione dei laghi. Ogni itinerario comprende delle notizie storico-geografiche, una descrizione del percorso, un ricco apparato di immagini e delle tabelle sulle altimetrie.
Una guida completa per tutti e un invito a scoprire in bicicletta alcuni degli angoli più belli del Cantone.
Il libro sarà disponibile a partire da metà giugno in tutte le librerie e nei cataloghi online!
Riservane una copia scrivendo a:
Fontana Edizioni, 2017, 336 p. (con oltre 500 immagini)
